giovedì 21 luglio 2016

La tragedia del “Pamir"

Il “Pamir”, veliero a quattro alberi con scafo in acciaio dalla stazza lorda di 3.020 t. e netta di 2700 t., faceva parte di una serie di navi dello stesso tipo costruiti dal cantiere navale “Blohm & Voss” di Amburgo, nel periodo 1903-1923, per conto della compagnia di navigazione tedesca “Ferdinand Laeisz Rhederei” della stessa città. La “Laeisz“ in quel tempo era specializzata nel trasporto dei nitrati dal Cile e le sue navi, capaci e robuste, adatte al passaggio di Capo Horn, avevano raggiunto un’eccellente reputazione. Nel 1955 il “Pamir” e il “Passat” vennero rilevati da un consorzio di armatori tedeschi che, con il contributo dello Stato, costituirono la fondazione no-profit “Pamir und Passat” alla funzione commerciale veniva abbinata l’istruzione velica dei futuri ufficiali della marina mercantile; la direzione fu affidata alla “Zerssen & Co.” di Lubecca. Il “Pamir” e il “Passat” dal 1955 al 1957 effettuarono diversi viaggi in Sud America avendo sempre a bordo giovani allievi desiderosi di intraprendere una carriera nella marina mercantile. Il 1° giugno 1957, uscito dal cantiere “Blohm & Voss” per l’ennesima revisione, il “Pamir” lasciava Amburgo in zavorra per raggiungere
Buenos Aires nel mese di luglio. A bordo aveva cinquantadue allievi (di età tra i 16 e i 18 anni) e trentaquattro uomini d’equipaggio, compreso il capitano e gli ufficiali, per un totale di ottantasei uomini. A causa di una malattia il comandante del “Pamir” (il Capitano Hermann Eggers) fu rilevato per il viaggio dal Capitano Johannes Diebitsch che aveva un’esperienza limitata a velieri di dimensioni modeste. Anche il primo ufficiale Rolf Koehler, già imbarcato come secondo ufficiale nei due precedenti viaggi, aveva una modesta conoscenza professionale. Erano anni in cui era difficile formare un equipaggio pratico nella conduzione di una nave a vela delle dimensioni del “Pamir”, la guerra aveva lasciato dei grandi vuoti nel personale navigante di ogni ordine e grado. A Buenos Aires il “Pamir” caricò 3.525 tonnellate di orzo alla rinfusa e 255 tonnellate in sacchi. I sacchi furono caricati nelle stive sopra l’orzo che era stato immesso anche nelle casse di zavorra per ottimizzare la distribuzione dei pesi. In quei giorni i portuali di Buenos Aires erano in sciopero e il carico del veliero avvenne con il personale di bordo e il supporto di militari.
E' così che il 10 di agosto il veliero iniziò il viaggio di ritorno ad Amburgo, con un carico non stivato secondo la pratica standard, con un comandante nuovo alla nave e con un secondo senza esperienza. Il 20 settembre, a due terzi del percorso e a quaranta giorni da Buenos Aires, il “Pamir” incappò nell’uragano “Carrie” che dalle isole di Capo Verde aveva girato a nord delle Bermuda ed attraversato l’Atlantico verso l’Europa. Durante queste manifestazioni meteorologiche i venti possono superare 130 km/h (12 gradi scala Beaufort) e le onde possono alzarsi ben oltre i 15 metri di altezza. Da tenere presente che spesso questi uragani investono un bastimento in maniera repentina causando una serie di problemi in rapida successione che diventano ad un certo punto non più gestibili. E’ sicuramente a questo punto che il comandante Diebitsch diede l’ordine al marconista di lanciare
messaggi di richiesta d’aiuto.
La nave, per lo spostamento del carico, le vele a brandelli (non erano riusciti a serrarle, viste le circostanze) non era governabile, non poteva cioè minimizzare i danni provocati dalle ondate che la investivano con opportune accostate. Tutte queste circostanze, producevano uno stress all’alberatura non più sopportabile, dopo il prolungato tempo al quale era stata sottoposta. Le navi per affondare si devono appesantire con l’acqua che penetra nello scafo da qualche falla; e falla ci fu, nella coperta, inclinata e quindi invasa dall’acqua provocata dall’alberetto di trinchetto, venuto giù con tutte le relative manovre, strappate dalla forza del vento. Sorprendentemente la nave era ancora a galla all’alba del 21 settembre. Con il giorno il Comandante ordinò all’equipaggio di prepararsi ad abbandonare il veliero. Lo sbandamento impedì di mettere in mare le imbarcazioni di salvataggio del lato destro, obbligando ad ammainare solo quelle del lato sinistro. Quando alla fine il “Pamir” si rovesciò affondando di poppa, una ventina di marinai rimasero a lottare in una lancia di salvataggio. Altri si gettarono in acqua e cominciarono a nuotare per salvarsi sulle zattere; solo una decina riuscirono a raggiungere una lancia rimasta a galla in virtù delle casse d’aria

di cui era fornita. A questo punto incominciava la lotta per la sopravvivenza dei naufraghi. Una grande operazione di ricerca a largo raggio dei naufraghi ebbe inizio coinvolgendo navi e aeroplani di diverse nazioni per una decina giorni. Alla sera del 22 il mercantile americano “Saxon” della Isbrandtsen Lines individuò e soccorse una imbarcazione di salvataggio con cinque uomini a bordo. I superstiti vennero in seguito trasferiti sulla U.S.N.“Geiger” che li sbarcava sabato 28 settembre, giusto una settimana dopo il disastro, a Casablanca e da qui in aereo arrivarono a Francoforte. Il sesto superstite, il marinaio Gunther Hasselbach di 20 anni, venne salvato la sera del 24 settembre dal guardacoste americano “Absecon” che, date le sue condizioni di salute, venne sbarcato a Portorico per cure raggiungendo successivamente Amburgo. La notizia del naufragio fu appresa in Germania dalla radio e dalla stampa, gettando la popolazione in angoscia anche per le notizie contraddittorie sul numero dei marinai che si sarebbero salvati e che in seguito vennero smentite. Purtroppo il Paese aveva già subito in passato la perdita di due navi scuola: la “Niobe” nel 1932 e l’“Admiral Karpfanger” nel 1938 con la scomparsa di tante giovani vite.
http://www.aidmen.it/…/ricorrenze-la-tragedia-del-veliero-s…
Post di Mauro Gastaldo, che ringraziamo! ringrazio anch'io!
Laboratorio di Storia marittima e navale - Università di Genova ha aggiunto una nuova foto all'album: La marina mercantile a vela fra Ottocento e Novecento.

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