mercoledì 24 dicembre 2014

RMS Laconia 1921; tragedia dell'Affondamento

 
L'RMS Laconia fu un transatlantico inglese varato nel 1921 ed acquistato dalla Canard Line. Fu la seconda nave della Canard Line con questo nome: la precedente fu un altro transatlantico varato nel 1911 ed affondato durante la prima guerra mondiale, nel 1917. Analogamente al suo predecessore, il Laconia fu affondato nella notte del 12 settembre 1942 da un siluro lanciato dall'U-Boot U-156, che diede poi luogo al salvataggio dei passeggeri e dell'equipaggio con un'eroica azione condotta dal Capitano di vascello Warner Hartenstein. Per dare supporto nel salvataggio venne fatto intervenire anche un altro U-Boot. Questo episodio storico è noto come l'Affondamento del Laconia.
Caratteristiche tecniche Il Laconia fu costruito dai cantieri Swan, Hunter & Wigham Richardson a Tyne and Wear. Varato il 9 aprile 1921, il transatlantico venne completato nel gennaio 1922. L'apparato propulsivo consisteva in sei turbine a vapore con doppio riduttore costruite dalla Wallsend Slipway Co Ltd di Newcastle upon Tyne, che muovevano due eliche. Oltre ai locali per i passeggeri, la nave era dotata di sei celle frigorifere per una capienza totale di 15.307
Primi anni di servizio Immatricolata nella Marina Mercantile inglese con il numero 145925 ed il Laconia fece servizio anche per la Royal Mail, come testimonia la corona dorata presente nel Crest della nave. Fu stabilito come porto di residenza Liverpool.
codice in lettere KLWT, il
Il Laconia salpò per la crociera inaugurale il 22 maggio 1922 sulla rotta Southampton-New York. Nel gennaio 1923 ebbe inizio la sua prima crociera internazionale che durò 130 giorni con 22 porti di attracco. Nel 1934 il suo codice in lettere venne cambiato in GJCD. Il 24 settembre dello stesso anno, a causa della fitta nebbia, la nave ebbe una collisione con la nave cargo americana Pan Royal al largo delle coste degli Stati Uniti, mentre era in navigazione da Boston per New York. Entrambe la navi furono gravemente danneggiate ma riuscirono entrambe a salvarsi. Il Laconia proseguì per New York dove venne riparata. In seguito riprese la navigazione nel 1935
Trasformazione in cargo incrociatore Nel 1939 la nave venne requisita dalla Royal Navy e obici da 762 mm. Dopo le prove in mare eseguite nelle acque dell'Isola di Wight, il Laconia imbarcò un carico di lingotti d'oro e salpò, il 23 gennaio dello stesso anno, con destinazione Portland, Maine e Halifax, in Nuova Scozia. I mesi seguenti la nave fu impegnata in servizi di scorta ai convogli diretti alle Bermuda. Il 9 giugno la nave fu vittima di un incagliamento nel bacino del Bedford, ad Halifax, che causò gravi danni. Mandata in riparazione, tornò in navigazione a fine luglio. Nell'ottobre 1940 la nave fu sottoposta ad altri lavori con lo smantellamento delle zone destinate ai passeggeri; alcuni locali, svuotati dal mobilio, vennero riempiti di fusti di olio per aiutare la spinta di galleggiamento in caso di siluramento. Nel giugno 1941 il Laconia venne ricoverato a Saint John nel New Brunswick, in Canada, per lavori di ripristino. Tornato a Liverpool, venne da quel momento utilizzato come nave trasporto truppe, sino al suo affondamento. Il 12 settembre 1941 la nave attraccò a Bidston Dock, nel Birkenhead, e fu presa in consegna dalla società Cammell Laird and Company per essere convertita in mercantile armato. Nei primi giorni del 1942 fu completata a conversione e per i successivi sei mesi la nave fece numerose traversate per il Medio Oriente.
trasformata in cargo incrociatore. Nel gennaio 1940 furono installati otto cannoni da 152,4 mm e due
Naufragio Nel luglio 1942 la nave, salpando da Port Tewfik, adiacente al porto di Suez, iniziò una crociera per il rimpatrio degli ufficiali in Inghilterra, insieme alle loro famiglie, e dei soldati. Sul Laconia vennero imbarcati 463 ufficiali e uomini dell'equipaggio, 268 soldati britannici in qualità di passeggeri, 103 soldati polacchi destinati al servizio di guardia e 80 tra donne e bambini. Mediante zattere erano stati fatti convergere a Port Tewfik 1.800 prigionieri italiani, reduci dalla battaglia di El-Alamein, che furono imbarcati e stipati nelle stive, di dimensioni insufficienti in quanto potevano contenere solamente la metà dei prigionieri. La nave fece tappa nei porti di Aden, Mombasa, Durban e Città del Capo, da dove, invece che proseguire per l'Inghilterra, prese la rotta per gli Stati Uniti, allontanandosi dalle coste africane ed addentrandosi nell'Oceano Atlantico, dove erano presenti numerosi sommergibili nemici in servizio di pattugliamento. Nella notte del 12 settembre 1942 il Laconia navigava a luci spente nell'oscurità seguendo una rotta a zig-zag per evitare attacchi di sommergibili. Alle ore 20:10, 130 miglia a nord-nord est dall'Isola di Ascensione, la nave venne colpita a dritta da un siluro lanciato dall'U-Boot U-156. L'esplosione interessò la stiva e molti dei prigionieri italiani a bordo Lancastria, che era stato affondato in seguito ad un siluramento, Laconia affondò di poppa innalzando la sua prua quasi in verticale, con ancora molti italiani a bordo e il comandante Sharp. I naufraghi in acqua e sulle scialuppe si trovarono a dover fronteggiare gli squali, in mare aperto in pieno Atlantico, con poche probabilità di sopravvivenza.
riuscì in un primo momento a tenere sotto controllo la situazione. Pochi istanti dopo però, la nave


venne colpita da un secondo siluro. Sharp ordinò quindi che donne, bambini e feriti gravi fossero imbarcati sulle scialuppe di salvataggio; in quel momento il ponte di poppa iniziava ad essere invaso dall'acqua. Secondo alcune testimonianze di prigionieri Lancastria, che era stato affondato in seguito ad un siluramento, riuscì in un primo momento a tenere sotto controllo la situazione. Pochi istanti dopo però, la nave venne colpita da un secondo siluro. Sharp ordinò quindi che donne, bambini e feriti gravi fossero imbarcati sulle scialuppe di salvataggio; in quel momento il ponte di poppa iniziava ad essere invaso dall'acqua. Secondo alcune testimonianze di prigionieri italiani sopravvissuti, le guardie polacche lasciarono chiuse le stive dei prigionieri italiani impedendogli di raggiungere le scialuppe di salvataggio; tra l'altro alcune delle trentadue scialuppe di salvataggio erano state distrutte nelle esplosioni. In seguito alcuni gruppi di italiani riuscirono a liberarsi ma non ebbero possibilità di imbarcarsi sulle scialuppe. Alle 21:11 il Laconia affondò di poppa innalzando la sua prua quasi in verticale, con ancora molti italiani a bordo e il comandante Sharp. I naufraghi in acqua e sulle scialuppe si trovarono a dover fronteggiare gli squali, in mare aperto in pieno Atlantico, con poche probabilità di sopravvivenza
Crest del RMS Laconia
italiani sopravvissuti, le guardie polacche lasciarono chiuse le stive
dei prigionieri italiani impedendogli di raggiungere le scialuppe di salvataggio; tra l'altro alcune delle trentadue scialuppe di salvataggio erano state distrutte nelle esplosioni. In seguito alcuni gruppi di italiani riuscirono a liberarsi ma non ebbero possibilità di imbarcarsi sulle scialuppe. Alle 21:11 il morirono all'istante; la nave si inclinò subito a dritta appoppandosi. Il comandante Sharp, che aveva comandato anche un altro transatlantico della Cunard Line, il Lancastria, che era stato affondato in seguito ad un siluramento, riuscì in un primo momento a tenere sotto controllo la situazione. Pochi istanti dopo però, la nave venne colpita da un secondo siluro. Sharp ordinò quindi che donne, bambini e feriti gravi fossero imbarcati sulle scialuppe di salvataggio; in quel momento il ponte di poppa iniziava ad essere invaso dall'acqua. Secondo alcune testimonianze di prigionieri italiani sopravvissuti, le guardie polacche lasciarono chiuse le stive dei prigionieri italiani impedendogli di raggiungere le scialuppe di salvataggio; tra l'altro alcune delle trentadue scialuppe di salvataggio erano state distrutte nelle esplosioni. In seguito alcuni gruppi di italiani riuscirono a liberarsi ma non ebbero possibilità di imbarcarsi sulle scialuppe. Alle 21:11 il Laconia affondò di poppa innalzando la sua prua quasi in verticale, con ancora molti italiani a bordo e il comandante Sharp. I naufraghi in acqua e sulle scialuppe si trovarono a dover fronteggiare gli squali, in mare aperto in pieno Atlantico, con poche probabilità di sopravvivenza.
http://it.wikipedia.org/wiki/RMS_Laconia_(1921)

sabato 6 dicembre 2014

IL NAUFRAGIO DEL "SIRIO": 4 AGOSTO 1906

Il piroscafo italiano Sirio scese in mare dal Cantiere Napier di Glasgow il 24 marzo 1883. Lo scafo era in ferro, stazzava 3.635 tonn. ed aveva una macchina alternativa da 3.900 cav. capace d'imprimergli una velocità di 15 nodi. La sua linea snella e affilata rappresentava uno stile innovativo nell'architettura navale del tempo, quando sugli oceani andava in scena lo scontro duro tra due epopee: quella della tradizione velica giunta al suo apice, e quella nascente del vapore.

La posizione del naufragio del Sirio.
La posizione del naufragio del Sirio.
I due fumaioli sottili e ravvicinati esprimevano la nuova potenza meccanica, i tre alberi a goletta ricordavano le attrezzature dei velieri e in qualche modo rassicuravano i passeggeri dalle eventuali avarie della macchina alternativa. Il Sirio disponeva a poppa di 48 posti di prima classe, un ampio salone da pranzo, un auditorio e sala per signore con fumatoio. La seconda classe era situata a proravia del ponte di comando e disponeva di 80 posti. Gli altri, la suburra della terza classe, i poveri che avevano venduto tutto per pagarsi il viaggio, erano invece sistemati in grandi cameroni ricavati nei corridoi delle stive per un totale di 1290 posti.
Il Sirio in posizione di navigazione.
Il Sirio in posizione di navigazione.
Il Sirio lasciò Glasgow il 19 giugno 1883, comandato dal cap. Sebastiano Rosasco, arrivò a Genova il 27 giugno e ripartì il 15 luglio 1883 per il suo viaggio inaugurale al Plata. Quel maiden voyage fu il primo di una lunghissima serie di viaggi legati per lo più alla storia della nostra emigrazione, che terminarono, purtroppo, su quella famigerata scogliera di Capo Palos.
Quanto segue, è la deposizione rilasciata all'Autorità competente dall'unico testimone della sciagura, il Cap. Vranich, comandante del piroscafo austro-ungarico Buda che si trovava a poca distanza dal Sirio:
“Alle 16.00 del 4 agosto 1906, al traverso delle Grandi Hormigas, (presso Capo Palos-Spagna Mediterranea) avvistai il Sirio e giudicai subito che passasse troppo vicino alla costa. Poco dopo, incrociatesi le rotte, vidi sollevarsi la prora del Sirio fortemente sull'acqua, sbandarsi a sinistra ed abbassarsi di poppa…Lo giudicai incagliato e feci rotta verso di lui ordinando le lance in mare. Il Sirio camminava a tutta forza e l'urto fu così violento che le lance di sottovento, smosse, furono poste fuori servizio. La parte poppiera era tutta allagata e sommersa. Di conseguenza molti passeggeri non ebbero il tempo di risalire in coperta. Il locale macchine fu allagato e parte del personale vi perì. Calammo due lance che effettuarono molti salvataggi….”

Il Sirio incagliato e semiaffondato.
Il Sirio incagliato e semiaffondato.
Il naufragio ebbe dell'incredibile e le critiche furono a dir poco aspre, perché la giornata era bella, il mare in bonaccia e buona la visibilità. La nave, proveniente da Genova e diretta verso lo Stretto di Gibilterra, correva a tutta velocità quando andò a schiantarsi su una delle secche più note del Mediterraneo.
Il Sirio era rimasto come un cavallo mentre salta l'ostacolo, con la prua che guarda il cielo e la poppa poggiata sugli scogli a tre metri di profondità. Aveva a bordo 120 passeggeri di prima e seconda classe e oltre 1200 emigranti che durante il giorno prendevano il sole a proravia. Gran parte di loro, a causa dell'urto improvviso, fu scagliata in mare e morì annegata.
All'epoca si disse: “Avrebbero potuto salvarsi quasi tutti, perchè il Sirio non andò subito a fondo, ma rimase in agonia ben sedici giorni, prima di spaccarsi in due ed affondare. Purtroppo le operazioni di salvataggio furono così caotiche e disperate che ci furono 293 morti, (riconosciuti ufficialmente secondo i Registri del Lloyd's di Londra) ma secondo la stampa, e non fu mai smentita, le vittime superarono le 500 unità, gran parte delle quali fu pietosamente composta lungo il molo del porto di Cartagena e poi tumulata nei cimiteri della zona. Le lapidi sono ancora leggibili e portano nomi e cognomi italiani “.
I naufraghi superstiti abbandonano il Sirio.
I naufraghi superstiti abbandonano il Sirio.
Nel piccolo museo di Capo Palos dedicato al Sirio, sono tuttora conservati i volantini che pubblicizzavano anche le soste “fuori programma” per caricare i clandestini. La questione non fu mai chiarita, ma si vociferò che senza quelle tappe sottocosta, la nave sarebbe passata al largo della micidiale scogliera denominata Bajo de Fuera.
Fu chiaramente un errore di rotta e siccome furono tante le vittime, tra cui il Vescovo di San Paolo del Brasile, la marineria italiana si fece in quella disavventura una cattiva propaganda che fu subito sfruttata dall'accesa concorrenza straniera.
Si aprirono le inchieste di rito, ma emerse, contrariamente alle tante accuse rivolte contro lo stato maggiore della nave, che il comandante del Sirio Giuseppe Piccone, insieme ai suoi ufficiali, diresse con calma le operazioni d'abbandono nave e fu l'ultimo a porsi in salvo. Fu stabilito, tuttavia, che l'erronea valutazione della posizione della nave e della distanza dalle secche fu causa del grave incidente e delle tragiche conseguenze che ne derivarono.
Il capitano Giuseppe Piccone che aveva 62 anni ed era al comando del Sirio da 27 anni, fu rinviato a giudizio, ma chiuso nel suo dolore, morì a Genova due mesi dopo l'evento descritto. 
Un tragico precedente
La nave passeggeri Nord America della Soc. genovese “Veloce” era naufragata su quelle secche ventitrè anni prima. Purtroppo quella pagina nera , scritta col sangue di tanta gente, fu troppo presto dimenticata!
A cavallo del ‘900, con la corsa alla “Merica”, ebbe inizio il secondo esodo di massa e con esso nacquero le prime vere canzoni della nostalgia del paese natio: Ma se ghe pensu, Santa Lucia luntana, Partono ‘e bastimenti, Quando saremo in Merica, Mamma mia dammi cento lire.
La famiglia Serafini, di Arzignano, provincia di Vicenza, nella foto scattata pochi giorni prima di imbarcarsi sul Sirio per il Brasile: dietro, da sinistra Isidoro (12 anni), Umberto (14), il capofamiglia Felice (43), la moglie Amalia (41) che era in attesa del nono figlio, Silvio (11). In prima fila Ottavia (7), Silvia (9), Giuseppe (2), Lucia (3) e Ottavio (6). Nel disastro morirono tutti meno Felice, Isidoro e Ottavio.
La famiglia Serafini, di Arzignano, provincia di Vicenza, nella foto scattata pochi giorni prima di imbarcarsi sul Sirio per il Brasile: dietro, da sinistra Isidoro (12 anni), Umberto (14), il capofamiglia Felice (43), la moglie Amalia (41) che era in attesa del nono figlio, Silvio (11). In prima fila Ottavia (7), Silvia (9), Giuseppe (2), Lucia (3) e Ottavio (6). Nel disastro morirono tutti meno Felice, Isidoro e Ottavio.
Edmondo De amicis, a seguito dell'esperienza “sofferta” durante una traversata a bordo del Sirio, affrontò il tema dell'emigrazione con la sua opera letteraria Sull'oceano.
Il tragico naufragio della nave Sirio colpì molto la fantasia popolare che ispirò una stupenda e drammatica canzone, tratta dal repertorio dei cantastorie.
Nel 2001 il cantautore Francesco De Gregori inserì nel suo album “ Il fischio del vapore ” questa ballata che era conosciuta soltanto nel nord Italia, tra quelle vallate da cui partirono gli sfortunati emigranti del Sirio in cerca di fortuna.
Alla domanda di un giornalista: “ Concorda che ci sia una similitudine drammatica con la situazione attuale dove le bagnarole affondano”?
Il cantautore rispose: “ Questo è proprio il motivo per cui noi la cantiamo, perché la nave Sirio, questa Titanic della povera gente, era una bagnarola di 23 anni, piena di disperati alla ricerca di una nuova vita .
I corpi di alcuni emigranti italiani sulla spiaggia di Cartagena. Secondo il Lloyd i morti furono 292 ma il bilancio fu contestato dalle controparti che, accusando gli armatori d'aver caricato più persone di quante dichiarate, stimarono le vittime tra le 440 e le 500.
I corpi di alcuni emigranti italiani sulla spiaggia di Cartagena. Secondo il Lloyd i morti furono 292 ma il bilancio fu contestato dalle controparti che, accusando gli armatori d'aver caricato più persone di quante dichiarate, stimarono le vittime tra le 440 e le 500.
Per la verità, il Sirio non era una pericolosa carretta dei mari. La sua fama di vecchio transatlantico, adattato al trasporto degli emigranti e destinato ad operare su una rotta piuttosto agevole come quella del Sud America, non ha nulla a che vedere con il tragico incaglio sulle Hormigas.
Il Sirio apparteneva ad una grande Società: la Navigazione Generale Italiana (N.G.I), nata nel 1881 all'atto della fusione delle Società Riunite Florio-Rubattino. La gloriosa N.G.I. risultò composta di 81 vapori e detenne il monopolio (quasi incontrastato) del trasporto passeggeri e merci della nostra Marina sino al 1936 quando nacque, per volontà di Mussolini, il gruppo FINMARE.
Storie che si ripetono oggi in direzione opposta…
A cento anni di distanza, purtroppo, la tragedia del Sirio è terribilmente attuale, se pensiamo al traghetto Al Salam-Boccaccio (ex Tirrenia) che affondò il 3 febbraio scorso nel Mar Rosso, trascinando con sé un migliaio di pellegrini islamici diretti alla Mecca.
A questo punto, possiamo chiudere la rievocazione del Sirio con un'amara riflessione: ogni epoca è una pagina di storia dove l'uomo riesce a risolvere tanti problemi tecnologici, ma spesso ripete gli stessi errori del passato perché, nel frattempo, il concetto di sicurezza è stato violato. Tanti enfatizzano la sicurezza, ma nessuno vuole pagarla; tutti parlano dei nuovi “allarmi” del secolo: terrorismo , inquinamento , ecosistema , che tuttavia, per chi conta, non sono ancora motivi d'insonnia.
IL NAUFRAGIO DEL "SIRIO": 4 AGOSTO 1906 dal sito della Società Capitani e Macchinisti di Camogli
L'iconografia è tratta interamente da Odissee Migranti - Italiani sulle rotte del sogno e del dolore, il sito di Gian Antonio Stella.

Carlo Gatti
Presidente della Società Capitani e Macchinisti Navali
Camogli

http://www.antiwarsongs.org/canzone.php?lang=it&id=5923

lunedì 23 giugno 2014

Scomparso cargo Russo "Arctic Sea"

 
MOSCA - La Marina russa continua a cercare l'Arctic Sea, il cargo scomparso il 28 luglio col suo equipaggio di 15 marinai russi. Quattro navi della Flotta del mar Nero sono attivamente alla ricerca, in cooperazione col Centro statale di coordinamento per il salvataggio in mare e con le organizzazioni internazionali competenti.
Il presidente russo Dmitri Medvedev aveva incaricato due giorni fa il suo ministro della Difesa Anatoly Serdyukov di «prendere tutte le misure necessarie e, se ve n'è bisogno, liberare» il cargo battente bandiera maltese armato dalla compagnia finlandese Solchart.
L'Arctic Sea potrebbe essere rimasta vittima di una nuova forma di pirateria in acque europee, ritengono alcuni esperti, dopo che l'ultimo contatto con il servizio di guardia costiera, nel Canale della Manica risale al 28 luglio.
«Se dovesse venire accertato l'atto criminoso, sembra che abbia seguito un nuovo modus operandi», ha spiegato Graeme Gibbon-Brooks intervistato dalla rete satellitare Sky News: secondo quanto riferisce l'Interpol infatti un gruppo di uomini armati e mascherati sarebbe salito a bordo del cargo lo scorso 24 luglio, affermando di appartenere all'unità antinarcotici e rimanendo sulla nave per circa 12 ore, dopo aver picchiato e legato l'equipaggio. Ma ci sono perplessità su questa ricostruzione. Secondo Pottengal Mukundan, direttore dell'International Maritime Bureau di Londra, è impossibile che dei pirati possano aver assaltato una nave in acque europee, per darsi poi alla fuga su un gommone e sparire nel nulla. «Non è - ha spiegato - il tipo di area in cui i pirati possano avere modo facilmente di operare».
L'«Arctic Sea», battente bandiera maltese, imbarcava un carico di legno finlandese del valore stimato di 1,16 milioni di euro: l'ultimo contatto visivo con la nave risale al 30 luglio scorso, al largo di Brest; nelle comunicazioni radio di due gironi prima non era stato ravvisato nulla di sospetto o insolito.
Fatto sta che da allora della nave non c'è traccia. Mark Clark dell'Agenzia della guardia costiera britannica, ha detto che il suo ufficio è «estremamente curioso» di sapere quanto è accaduto alla nave. «Non c'è guardia costiera che io conosca che ricordi qualche avvenimento di questo tipo», ha affermato. Dal canto suo, il comandante della Marina portoghese Joao Barbosa ha negato che la nave sia mai entrata nelle acque territoriali lusitane.
L'ipotesi pirateria non convince Viktor Voitenko, direttore della rivista marittima russa Sovfrakht, citando fonti del ministero della Difesa russo. Piuttosto, secondo l'analista, l'equipaggio potrebbe essere finito nelle mani di una qualche mafia. «Io credo - ha dichiarato - che potrebbe esere legato a un tentativo di trasportare segretamente merci e che qualcuno ha interesse che questo cargo non arrivi a destinazione».
Una sola cosa a questo punto sembra certa: la nave attraccata nel porto basco di San Sebastian non è l'Arctic Sea. Ieri un blogger finlandese aveva sostenuto che nel porto spagnolo aveva attraccato una nave che per dimensioni appariva essere simile alla nave con l'quipaggio russo, ma le autorità portuali hanno rapidamente smentito la notizia
http://esteri.diariodelweb.it/esteri/articolo/?nid=20090814_100261

Il cargo mercantile "TK Bremen" arenato



Si era incagliato su una spiaggia della Bretagna e perdeva carburante: ci sono volute due settimane e 40 uomini al lavoro giorno e notte per smantellare la carcassa

Il cargo mercantile TK Bremen è stato rimosso. La nave si era incagliata il 16 dicembre scorso durante una tempesta sulla costa della Bretagna meridionale e stava perdendo carburante. La nave batte bandiera maltese ed è lunga 109 metri. Le operazioni di smantellamento erano iniziate il 7 gennaio. Ci sono volute due settimane e 40 uomini al lavoro giorno e notte per rimuovere la carcassa dalla spiaggia, con un costo complessivo tra gli 8 e i 10 milioni di euro. L’area contaminata dalle sostanze inquinanti fuoriuscite dalla nave era stata precedentemente pulita da 250 persone. Le 2.000 tonnellate di acciaio sono state tagliate con la cesoia idraulica di una gru fatta arrivare appositamente dall’Olanda e il motore (10 tonnellate) è stato estratto intero dalla carcassa per evitare ulteriore inquinamento.

" Wisdom"La nave arenata a Mumbai


 La MV Wisdom è una vecchia nave merci dello Sri Lanka e sta diventando un'attrazione

Una vecchia nave merci singalese, la MV Wisdom, si è arenata un paio di giorni fa a quattro chilometri dalla costa indiana, di fronte alla Juhu Beach vicino Mumbai. Mentre veniva trainata da Colombo (Sri Lanka) verso Alang (India), dove doveva essere rottamata, «forti piogge hanno sciolto le cime che la fissavano al rimorchiatore» dicono sull’Economic Times, e la nave è andata alla deriva fino ad arenarsi nel banco sabbioso. Fortunatamente non conteneva carburante, quindi per il momento non dovrebbero esserci rischi ambientali, ma gli attivisti si sono mobilitati per richiederne la rimozione immediata. The Times of India riporta la dichiarazione dell’ambientalista Hansel D’Souza: «La nave dovrebbe essere spostata il prima possibile. Non vogliamo affrontare la possibilità che le autorità siano costrette a demolirla qui.»
Intanto, in due giorni, la MV Wisdom è già entrata a far parte del panorama della spiaggia, incuriosendo bambini e bagnanti che si affollano sulla riva per guardare la nave, ormai vera e propria attrazione turistica: molti ambulanti si sono attrezzati per vendere cibo sulla Juhu Beach
http://www.ilpost.it/2011/06/14/nave-merci-india/
 

Disastro Containerschip "M/V Rena" 5 ottobre 2011





Containerschip RENA

Mare delle Andamane (fino al 24 novembre 2010)
Zim America (fino al 12 marzo 2007)
Mare delle Andamane (fino al 2007 gen 29) - operatore: ZIM
Bandiera: Malta
Numero IMO: 8806802
MMSI: 636014911
Nominativo: A8XJ7
Attuale bandiera: Liberia
Casa porto: Monrovia
Società di classe: American Bureau Of Shipping
Costruttore: Howaldtswerke Deutsche Werft Kiel, Germania
Attuale proprietario: gruppo fratelli Ofer Herzliyya, Israele
Proprietario sotto il mare delle Andamane nome: ZIM Integrated Shipping
Manager: Gestione nave Ciel Atene, Grecia
Noleggiata a: Costamare Inc
Pescaggio: 9,6 m
Destinazione: Tauranga, Nuova Zelanda
ETA: 2011-10-05 13.00
Velocità registrata (Max / Media): 17,7 / 17 nodi
Velocità di marcia: 21 kn
Motore principale: 8RTA76
1240 KW, 8 cylidners, Cegielski Poznan - Polonia
Anno di costruzione: 1990
Tipo avvenga: nave porta-Container
Scafo: Carico asciutto, doppio
Capacità massima di TEU: 3351
Stazza lorda: 37.209 tonnellate
Peso morto di estate: 47.230 tonnellate
Attrezzatura di movimentazione: (swl 6,1 tonnellate)
LOA (lunghezza complessiva): 235 m
Fascio: 32m
l prologo al disastro..--una perdita acuta
PROLOGO AL DISASTRO
MV Rena è una nave di container TEU 3.351 proprietà la compagnia di navigazione greca Costamare Inc attraverso una delle sue filiali, Daina Shipping Co.. La nave è stata costruita nel 1990 come America ZIM M/V per la compagnia di navigazione israeliana Zim Howaldtswerke-Deutsche Werft AG Kiel, in Germania. Lei è stato rinominato il mare delle Andamane M/V nel 2007 e ha navigato sotto il suo nome attuale e proprietario dal 2010.
Fu solo dopo che 14 nel mare calmo, su una routine viaggio quando l'invecchiamento MV Rena guadagnerebbe infamia di messa a terra sul ben noto Astrolabe Reef.
La storia di Rena M/V era e avrà un grande impatto economico & ecolocilcal su questa zona marittima della Nuova Zelanda, ma la nostra copertura subì un'interruzione sfortunata come siamo partiti per partecipare al Congresso del mondo di FIATA al Cairo, in Egitto dal 15 ottobre al 28 ottobre. Ci aspettavamo di riprendere questa storia, con un completo di funzionalità, in circa due settimane. Se la storia ha tenuto fedele alla forma. Lo ha fatto.
M/V Rena è rimasta notizia. Con la M/V Rena duro arenata e lei tiene allagato..--la grande domanda rimane se questa travagliata nave può essere salvata? Ay almeno, yhe perdita di M/V Rena è acuta.
Mentre la nostra caratteristica dimostrerà la crisi attuale per Rena M/V, durante il nostro viaggio al Cairo il pericolo maggiore è presentato in termini di disastro ecologico. Per quanto riguarda la nave M/V Rena appare condannata.
Ci proponiamo di seguire. this debacle da oggi in avanti.
Tutte le foto sono per gentile concessione marittima Nuova Zelanda.
Questa funzionalità si occupa di due concetti: "Rena guasto acuto"... e... naturalmente... come sempre... "Nave succede! ©"
 
Michael S. McDaniel - Editor

domenica 22 giugno 2014

"Burgas" la nave arenata a Castellaneta Marina(TA)


Esattamente tre anni fa, decine di persone affollatono la spiaggia di Castellaneta Marina per osservare da vicino una scena che, nella sua criticità, non mancò di destare la curiosità dei residenti. Ospite inatteso del nostro mare, infatti, fu il mercantile bulgaro Burgas, lungo 123 metri, che a causa del forte vento si era incagliato a soli 60 metri dal litorale. Un vero gigante intrappolato.
La curiosità di tutti lasciò ben presto spazio ad interrogativi e perplessità: recuperare quel mercantile non sarebbe stata un'operazione semplice. E i dubbi, a loro volta, lasciarono presto spazio ad una situazione più problematica di quanto fosse ipotizzabile: l'intervento dei due mezzi della "Rimorchiatori napoletani", infatti, non era bastato a far guadagnare al Burgas il mare aperto.
Servirono 40 giorni, i marinai della Capitaneria di Porto di Taranto e l'intervento del "Salamander", un potente aspiratore di sabbia e acqua proveniente dall'Olanda, per indirizzare la prua del mercantile, agganciata a due cavi, verso la libertà.
Un avvenimento inconsueto e, per alcuni, quasi suggestivo quello del gigante intrappolato, che oggi appartiene alla categoria degli amarcord, e che riviviamo con queste immagini scattate da Angelo Loreto per la Gazzetta del Mezzogiorno. Molto suggestiva l'immagine scattata nelle prime ore della mattina del 10 marzo, quando la nave Burgas era ancora in balìa di onde e vento, trascinata a riva prima di insabbiarsi a pochi metri dalla spiaggia
Annabella Fuggiano
http://vivicastellaneta.it/notizie/item/571-tre-anni-fa-la-nave-burgas-si-arenava
L’intervento prevede che la nave sia ruotata di circa 70 gradi con la prua verso il mare e successivamente rimorchiata attraverso la sabbia e portata  in acque sicure. Dopo l’attività di tiro, cominciata ieri, la nave ha però guadagnato solo 12 gradi rispetto alla posizione iniziale.
La seconda fase dell’operazione di disincaglio viene eseguita con l’impiego di uno speciale strumento fatto arrivare appositamente dall’Olanda dalla società di salvamento “Svitzer”, che permetterà di ripristinare il livello d’acqua intorno alla nave portandola in condizione galleggiamento. Successivamente, la nave “Burgas” sarà spostata in acque più profonde con l’ausilio dei rimorchiatori e condotta nel porto di Taranto
http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-italia/castellaneta-marina-rimorchiatori-in-azione-per-disincagliare-motonave-burgas-295762/

domenica 1 giugno 2014

Torrevado,affondamento della "Tevfik Kaptan 1"

prima dell'affondamento


Il 28 giugno, alle ore 21:30, la nave turca “Tevfik Kaptan 1” è affondata nelle acque dello Ionio dinanzi alla costa salentina(localitá Torrevado). La nave cargo lunga 80 m battente bandiera turca, era partita dal porto di Ortona (Chieti) ed era diretta in Algeria, con un carico di 1.000 t di filo di ferro in matasse. A meno di un miglio dalla costa di Torre Vado, la motonave si è inclinata di circa 40 gradi a causa dello spostamento del carico forse a causa del mare mosso. Il personale di bordo pur avendo cercato di spostare parte del carico, non è stato in grado di riequilibrare la nave ed alle ore 16:00 la motonave si è ulteriormente inclinata sul fianco sinistro, iniziando ad imbarcare acqua.
La nave affondava dopo poche ore, adagiandosi, in assetto di navigazione, su un fondale di circa 20 metri. Le procedure di emergenza sono state immediatamente attivate. Sul posto sono accorse due motovedette della Capitaneria di Porto di Gallipoli e unità navali dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, ha inoltre disposto l’invio delle unità S/V “Ievoleco Quinto”, l’U/S “Ievoleco” ed B/D “Visone” della flotta Castalia Ecolmar per le operazioni di antinquinamento. I mezzi hanno quindi rapidamente posizionato circa 100 metri di panne gonfiabili costiere intorno alla nave sinistrata, in modo da poter contenere il possibile sversamento di idrocarburi. La motonave affondata con il suo carico di combustibile e olii lubrificanti rappresentava un serio pericolo sia dal punto di vista ambientale che economico anche in considerazione del possibile impatto di un eventuale sversamento di prodotto sulle attività turistico-balneari salentine. A seguito di alcune ispezioni condotte dai sommozzatori dei Vigili del Fuoco di Brindisi e della Capitaneria di Porto di San Benedetto del Tronto, finalizzate alla verifica dello stato dello scafo, Castalia Ecolmar ha quindi proceduto agli interventi di bonifica dei prodotti inquinanti presenti a bordo della motonave. L’allibo è stato eseguito con il supporto dei sommozzatori dei VV.FF., della Guardia Costiera e di Castalia Ecolmar che hanno consentito l’innesto delle manichette nei serbatoi precedentemente identificati della “Tevfik Kaptan 1”. I prodotti recuperati sono stati progressivamente trasferiti sulle unità navali della Castalia Ecolmar. Le operazioni di allibo si sono concluse il 6 luglio ed hanno consentito il recupero della totalità dei prodotti presenti a bordo ed in particolare di: 19.000 lt di gasolio dal serbatoio di prua; 4 t di diesel dalla settling tank; 2 t di diesel dalla service tank; 547 kg di olio dal locale macchine; 125 litri di gasolio per alimentazione dal gruppo elettrogeno nel gavone di prua; la shaft luboil tank di capacità 50 litri è risultata parzialmente riempita di olio idraulico; 6-7 litri di olio idraulico dalla rudder tank nel locale agghiaccio; morchie del locale macchine situate sotto al cielo del Boat deck; taniche di vernici e diluenti, olio esausto, olio idraulico, liquido detergente e batterie esauste. Ancora una volta grazie al tempestivo intervento delle Autorità competenti ed alla positiva collaborazione fra le diverse istituzioni impegnate, la “Tevfik Kaptan 1” è ormai solo uno dei relitti da visitare a scopi ludico-ricreativi ed una nuova reale minaccia all’integrità del litorale nazionale è stata efficacemente sventata.
http://www.salentodiving.it/relitto.asp


 

giovedì 6 febbraio 2014

"Luno" nave mercantile spezzata in due.


Un mercantile spagnolo si è spezzato in due nelle acque davanti alla località francese di Anglet, nel paese basco, a pochi chilometri dal confine con la Spagna.
L’incidente è avvenuto poco dopo che la nave era uscita dal porto di Bayonne, con condizioni meteomarine avverse. Secondo il sindaco di Anglet il cargo avrebbe segnalato avarie a un motore.
I membri dell’equipaggio, undici o dodici persone, secondo le fonti, sono stati tratti in salvo in elicottero e trasportati all’ ospedale di Bayonne.
L’imbarcazione, solitamente usata per il trasporto di fertilizzanti, al momento dell’incidente era vuota.
Secondo quanto comunicato finora, non si temono rischi ambientali gravi. Tuttavia, una fuoriuscita di combustibile sarebbe stata osservata sulla fiancata dove c‘è stato l’urto.
il nocchiere fuori rotta

lunedì 27 gennaio 2014

Relitto della piattaforma Paguro





Piattaforma Paguro
Il relitto della piattaforma Paguro  è il relitto di una piattaforma metanifera per l'esplorazione petrolifera, di tipo autosollevante, costruita tra il 1962 e il 1963 a Porto Corsini, in provincia di Ravenna, assieme alla Perro Negro per conto dell'AGIP.
È stato riconosciuto come sito di interesse comunitario (IT4070026) dalla regione Emilia-Romagna nel 2010. Si tratta del primo sito marino della regione.
L'affondamento
A metà del 1965 la piattaforma fu posizionata nell'Alto Adriatico sul pozzo denominato PC7 (Porto Corsini 7), a 11 miglia dal porto di Marina di Ravenna[2], all'altezza della foce dei Fiumi Uniti, su di un fondale di 25 metri.
Il 28 settembre 1965 la perforazione venne fermata, avendo raggiunto il suo obiettivo: un giacimento di metano posto a circa 2,9 Km sotto il livello del mare, intaccando tuttavia anche un secondo giacimento, posto sotto al primo e non previsto, quest'ultimo giacimento conteneva gas ad alta pressione. Durante le operazioni di registrazione dil nel pozzo l'equilibrio idrodinamico a fondo pozzo, che controbilanciava le pressioni dei fluidi nelle rocce, divenne instabile, provocando una eruzione di gas che causò l'incendio della piattaforma e quindi il suo affondamento il 29 settembre. Dopo i tentativi iniziali di domare l'eruzione, la piattaforma venne abbandonata la sera del 28 settembre, nel disastro morirono annegati tre tecnici dell'Agip: Pietro Peri, Arturo Biagini e Bernardo Gervasoni. L'esplosione creò un cratere centrale profondo 33 metri.
affondamento "Paguro"
La fuoriuscita di gas sul fondo marino, generò una colonna di gas misto a pulviscolo d'acqua che raggiungeva l'altezza di 30 metri sulla superficie del mare. L'eruzione venne domata, tre mesi dopo, con la perforazione di un pozzo direzionato, che raggiungendo nel sottosuolo il tragitto del pozzo in eruzione permise di intasare e cementare il foro attraverso il quale il gas dal giacimento fuggiva alla superficie.

 L'Oasi odierna
La parte più alta della struttura attualmente si trova a 10 metri sotto il livello del mare, ed il cratere formatosi sul fondo marino, di natura argillosa sabbiosa, raggiunge i 35 metri di profondità ed ha visto una esplosione della flora e della fauna marina, tanto che oggi, questo reef artificiale è diventato meta di subacquei. Nel 1991 è stato anche permesso l'ampliamento della struttura tramite deposizione al fondo di altro materiale ferroso proveniente dalla demolizione di altre piattaforme adriatiche, ingrandendo l'area attiva di questo santuario marino.
Per regolamentare le immersioni e salvaguardare la vita attorno alla Paguro, è stata istituita a Ravenna l'Associazione Paguro, e dal 21 luglio 1995 l'area contenente il relitto della piattaforma è stata dichiarata dal Ministero delle risorse agricole Zona di tutela biologica tramite il Decreto "Istituzione della zona di tutela biologica nell'ambito del compartimento marittimo di Ravenna".
La zona di tutela biologica è diventata sito di interesse comunitario con delibera della regione Emilia-Romagna dell'8 febbraio 2010.
 

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Emilia-Romagna44°23′00″N 12°35′00″ECoordinate: (Mappa)





 










sabato 25 gennaio 2014

"Lyubav Orlova" La nave fantasma dispersa nell'Atlantico con un carico di ratti cannibali.

nave-Lyubov Orlova

Peggio di una calamità naturale, dell'invasione di cavallette. La minaccia viene dal mare, e da una nave 'fantasma', la "Lyubov Orlova", di cui in molti parlano, ma che nessuno vede, nemmeno sui radar. Un vecchio vascello jugoslavo in disarmo, arenato nell'Atlantico e poi sparito. Adesso (secondo una voce insistente che gira sul web) sarebbe alla deriva verso le coste britanniche, pieno di ratti cannibali che si mangiano fra di loro e che potrebbero invadere il Regno Unito.
Peggio di una calamità naturale, dell'invasione di cavallette. La minaccia viene dal mare, e da una nave 'fantasma', la "Lyubov Orlova", di cui in molti parlano, ma che nessuno vede, nemmeno sui radar. Un vecchio vascello jugoslavo in disarmo, arenato nell'Atlantico e poi sparito. Adesso (secondo una voce insistente che gira sul web) sarebbe alla deriva verso le coste britanniche, pieno di ratti cannibali che si mangiano fra di loro e che potrebbero invadere il Regno Unito.
L'ALLARME - Per ora la minaccia circola soprattutto sul web, ma ha provocato un livello di allarme tale,
ratto cannibalo
apparentemente lanciato da esperti, da sollecitare una risposta ufficiale delle autorità costiere britanniche: "Non abbiamo ricevuto alcuna indicazione di avvistamento della nave dallo scorso aprile. Siamo tuttavia pronti a rispondere adeguatamente se ciò dovesse accadere". Anche la guardia costiera irlandese: "Da parte dell'Irlanda non è richiesta alcuna azione, non risultano avvistamenti". Sta di fatto che l'imbarcazione, di
costruzione jugoslava, varata nel 1976 e battezzata con il nome di un'attrice russa degli anni '30, sarebbe in disarmo e abbandonata alle correnti marine da tempo. Nel 2012 era data in rotta verso la Repubblica Dominicana, destinata ad essere rottamata. Durante quello che sarebbe dovuto essere il suo ultimo viaggio però, un guasto l'ha portata ad arenarsi in acque canadesi. Da allora - secondo alcune fonti l'inizio del 2013 - nessuno ha certezza di dove si trovi la nave e si ritiene improbabile che sia affondata. Alla sua ricerca (e al suo 'mito') è dedicato anche un sito web, whereisorlova.com. L'allarme sui 'ratti cannibali' sembra invece provenire da un ricercatore belga, Pim de Rhoodes, citato dalla stampa britannica, secondo il quale la
Lyubov Orlova "vaga in da qualche parte" e "sarà infestata dai topi che si mangiano a vicenda".


http://www.unionesarda.it/articolo/notizie_mondo/2014/01/24/il_mistero_della_nave_fantasma_con_un_carico_di_ratti_cannibali-3-351334.html#foto1



la diva Lyubov Orlova
La Lyubov Orlova
Costruita nella ex Yugoslavia, chiamata come una attrice russa degli Anni Trenta, la nave è un colosso di oltre 4mila tonnellate di peso, lunga 90 metri, e può ospitare fino a 110 passeggeri. Ma secondo alcuni quotidiani britannici a bordo ci sarebbero migliaia di topi malati costretti a divorarsi a vicenda per sopravvivere.
LONDRA – Il transatlantico russo Lyubov Orlova si arenerà sulle spiagge inglesi con il suo carico di topi cannibali? Se lo chiedono diversi tabloid britannici. Della “nave fantasma” si sono perse le tracce ormai quasi da un anno, dopo che, il 23 gennaio 2013, era salpata da un porto del Canada, dove era ormeggiata ormai da due anni.
Un rimorchiatore avrebbe dovuto trainarla fino alla Repubblica Dominicana, dove avrebbe dovuto essere demolita. Ma un cavo si è spezzato e la Lyubov Orlova si è arenata

http://www.blitzquotidiano.it/cronaca-mondo/topi-cannibali-spiagge-inglesi-nave-fantasma-orlova-arena-gb-1774961/

sabato 11 gennaio 2014

Ma dove vanno a morire i vaporetti di Venezia?



Navigando nel web mi sono imbattuto tra le pagine di questo sito molto ricco di argomentazioni e foto,  molto interessante  per tutti quelli come il sottoscritto sono affascinati ,e l'autore del sito ,http://www.veniceboats.com/actv-flotta-disarmo.htm  ,offre ampia ed esauriente materiale e...
Giliberto  Penzo,  inizia così!
-Scrivevo nel 2004, sul mio libro Vaporetti, Un secolo di trasporto pubblico nella laguna di Venezia:
Ma dove vanno a morire i vaporetti? Non c’è per loro un cimitero degli elefanti come per le barche in legno che nelle secche ai margini dei canali si dissolvono al sole. Fino a non molto tempo erano radiati dalla flotta e venduti a privati o altre compagnie di navigazione con le quali continuavano ancora per molto tempo il loro lavoro. Ora semplicemente vengono distrutti e venduti a peso di ferro vecchio, anche se molte persone desidererebbero acquistarli per riutilizzarli da diporto o come casa galleggiante, ma da molti anni l’Actv ha deciso di non vendere più i battelli dismessi, perché teme a ragione che vengano reimpiegati per il trasporto di persone in concorrenza con le loro linee. Nella lista di barche che mi piacerebbe si potesse riportare in vita, vi sono tre battelli alati in cantiere in attesa di demolizione e due motonavi che giacciono, divorate dalla ruggine, in un cantiere a Chioggia. Gli unici battelli sopravissuti sono quelli venduti prima delle restrizioni attuali e quelli costruiti appositamente per altre compagnie di navigazione, fra quelli reimpiegati vi sono un vecchio battello 20 VA recuperato da una famiglia danese che lo usa come abitazione alla Giudecca e uno riutilizzato come studio d’architettura sul Naviglio-Brenta.

 
 

Link:
 
 

venerdì 10 gennaio 2014

Cimitero delle navi 2 a Trieste,Monfalcone e nel vallone di Muggia

Nel navigando nel web alla ricerca  del( passato  periodo dopo guerra) di relitti navali non solo militari anche piroscafi/mercantili di ogni genere. La storia del loro periodo vissuto durante la guerra il loro ruolo e poi la fine gloriosa a causa dell'uomo "amico/nemico" di diverse Nazionalità .E  tutto questo grazie a
Dopo l'entrata in guerra dell'Italia, il porto di Trieste era ritenuto più sicuro essendo fuori dal raggio d'azione dei bombardieri nemici. Per questa ragione, nell'estate del 1943, nell'ambito portuale triestino si era raccolta una flotta di grandi passeggeri in disarmo che comprendeva, oltre al prestigioso "REX" le due motonavi gemelle "Saturnia" e "Vulcania" della Società "Italia", i due transatlantici gemelli "Duilio" e "Giulio Cesare" del Lloyd Triestino, e la grande motonave "Sabaudia", uscita due anni prima dal Cantiere di Monfalcone col nome "Stockholm" e rifiutata, causa la guerra, dall'originario armatore svedese. In porto nello stesso periodo, c'era anche il panfilo gia di Guglielmo Marconi "Elettra" e altre navi minori e da trasporto, oltre agli imponenti scafi di due corazzate: l'Impero" di oltre 40.000 tonnellate di dislocamento, e la "Conte di Cavour". Al momento dell'armistizio soltanto la Saturnia e la Vulcania riuscirono a prendere il mare per non essere catturate dalle truppe germaniche. Le tre grandi navi passeggeri rimaste in porto vennero in seguito spostate nel Vallone di Muggia e furono tutte affondate in bassi fondali da bombe inglesi,l'Impero, ormeggiata al molo quinto del porto nuovo semiaffondata per effetto di prove d'esplosivi fatte dai tedeschi, la Cavour venne colpita nei bombardamenti del febbraio 1945. Alla fine della guerra non meno di 30 navi di vario tipo si trovavano affondate o danneggiate nel canale navigabile di Zaule che venne chiamata "il cimitero delle navi". Il cimitero delle navi fu certamente una delle tante tristezze ereditate dalla guerra. Da corazzata roma


Il CONTE di SAVOIA durante la guerra venne trasferito a VEnezia e, per meglio mimetizzarlo con l' ambiente lagunare, furon dipinti sullo scafo dei...cipressi!
Per la demolizione la nave venne trasferita a Monfalcone per dar lavoro alle maestranze locali che già avevan "perso" l' occasione di smantellare la Corazzata IMPERO trasferita in tutta fretta da TrieSte a VEnezia per non farla cader in mano ai "titini" intenzionati a farne una "preda bellica".





Nave (in demolizione a Trieste)da identificare.

Questa foto si trova nel libro di Livio GRASSI "TRIESTE VENEZIA GIULIA 1943-1954) Ed. ED.IT. Roma 1960.

Osservando il mercantile in basso a dx posso datare l' immagine nei primi anni "50". Lo scafo direi che appartiene ad uno dei transatlantici demoliti in tal periodo a TrieSte.
Tuttavia mi trovo in difficoltà con la stima della lunghezza.

GIULIO CESARE, DUILIO e SABAUDIA avevan una lunghezza tra i 180-200 mt. circa. Il CONTE di SAVOIA era oltre i 240 mt.

Da Bagnasco e Rastelli, "I recuperi navali nel golfo di Trieste alla fine della seconda guerra mondiale", "La Rivista Marittima", 1992:
P.fo DUILIO, 23.636 tsl, Lloyd Triestino: abbattuto sul lato dritto e poggiato sul fondo (del vallone di Zaule) con scafo in parte emergente. Affondato per bombardamento aereo il 10.6.1944. Demolito parzialmente sul posto e quindi completamente al Cantiere San Rocco di Muggia nel dopoguerra. Mi pare l'ipotesi più probabile.
P.fo GIULIO CESARE, 21.900 tsl, Lloyd Triestino: idem DUILIO; affondato per bombardamento aereo il 10.9.1944.
Mn. SABAUDIA (ex STOCKHOLM) 28.000 tsl, Soc. Nav. Italia: idem DUILIO; affondata per bombardamento aereo il 6.7.1944. Demolita sul posto nel dopoguerra.
Tutti e tre già abbondantemente saccheggiati dai tedeschi prima del loro affondamentio, affondati da aerei nel vallone di Zaule (vallone di Muggia), e demoliti sul posto nel dopoguerra, salvo quanto detto per il DUILIO, e salvo il recupero dei tre diesel Sulzer del SABAUDIA, prelevati quasi intatti e imbarcati sulle motocisterne TRIESTE, BERNA E ANDROMEDA, costruite negli anni '50 al Cantiere San Marco.






Che tristezza vedere queste belle navi in queste condizioni, sono immagini a quanto atroce sia la guerra, immaginare piene di esseri umani sono affondate in tutti i mari! certo che stringe il cuore.
Grazie per queste immagine e tutto il materiale !Grazie  a voi tutti del gruppo Betasom.