lunedì 13 maggio 2013

Heleanna:Naufragio al largo di Monopoli




La storia del naufragio della nave Heleanna inizia negli anni '60 quando l'armatore greco Constatino S. Efthymiadis comprò quattro petroliere svedesi per la loro conversione a navi passeggeri. Le quattro navi furono

la MARIA GORTHON (rinominata PHAISTOS), nel 1963;
la SOYA-MARGARETA (rinominata MINOS), nel 1964;
la SOYA-BIRGITTA (rinominata SOPHIA), nel 1965;
la MUNKEDAL (rinominata HELEANNA), nel 1966.[1]
La nave Heleanna. Dopo la riconversione le navi mantennero il loro aspetto ma per accogliere passeggeri furono dotate di cabine poste tra il ponte superiore e la sala macchine. Boccaporti furono poi aperti nelle fiancate. Le navi operarono principalmente tra il Pireo e Creta o tra Patrasso ed Ancona.
Il naufragio della nave Heleanna, in servizio sulla rotta Ancona-Patrasso, si verificò all'alba del 28 agosto del 1971, quando una fuga di gas dai locali della cucina provoca un forte incendio.
Al momento del disastro la nave, diretta verso Ancona con 1174 passeggeri (circa il doppio dei 620 consentiti) e circa 200 autovetture, era a 25 miglia nautiche a nord di Brindisi ed a 9 miglia nautiche a largo di Torre Canne, nei pressi di Monopoli.
Delle dodici scialuppe di salvataggio più della metà avevano gli argani bloccati e non poterono essere calate in mare. Di quelle calate, una, a causa dell'eccessivo affollamento, si ribaltò.
L'incidente provocò più di 20 morti di diversa nazionalità, tra cui italiani, francesi e greci, e circa 270 feriti.
Foto aerea della motonave Heleanna durante il soccorso. Il comandante della nave, Dimitrios Anthipas, poi condannato sia dalla magistratura italiana che da quella greca per i tragici fatti, cercò la fuga il 30 agosto del 1971, ma venne arrestato nel porto di Brindisi prima di riuscire ad imbarcarsi furtivamente, insieme alla moglie, su una nave diretta in Grecia.
Le successive inchieste dimostrarono le pessime condizioni della nave ed il cattivo funzionamento dei sistemi di soccorso e degli idranti antincendio presenti.
È interessante notare come all'epoca dei fatti, e successivamente fino al 27 febbraio 1973, l'Italia rivendicava solo 6 miglia nautiche come acque territoriali; in tal senso dunque l'incidente avvenne in acque internazionali. Ciò nonostante le autorità italiane dichiararono la loro competenza a processare il comandante della nave sulla base del fatto che parte delle vittime del disastro erano certamente morte in acque territoriali italiane ed almeno una era morta in ospedale a Brindisi. Dal canto loro le autorità greche si interessarono alla vicenda dal momento che la nave batteva bandiera ellenica.[2]
I soccorsi aereonavali partirono da Brindisi, Bari, Monopoli, Taranto e Grottaglie, anche con la partecipazione di alcuni pescherecci privati (Laura, Madonna della Madia, Angela Danese, Nuova Vittoria, S. Cosimo) [3]che aiutarono nella ricerca dei dispersi in mare ed al soccorso dei naufraghi. L'incendio venne domato dopo molte ore. Il relitto venne rimorchiato al porto di Brindisi, dove rimase fino al 1974 nei pressi del castello Alfonsino prima di essere rimorchiato ai cantieri navali di La Spezia, demolito e trasformato in chiatta.
Per l'aiuto e l'accoglienza offerti dalla città di Monopoli ai naufraghi del naufragio dell'Heleanna, il 15 ottobre del 1972 il Capo dello Stato Giovanni Leone conferì alla città la Medaglia d'Argento al Merito Civile in riconoscimento dell’antica tradizione di ospitalità e di civismo della sua popolazione.

ft,aerea MT..Heleanna durante i soccorsi 

peschereccio di Monopoli in soccorso ai naufraghi

Monopoli-lato mare porto monumento ricordo naufragio Heleanna




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