sabato 29 dicembre 2012

Tragedia"kater I Rades"La motovedetta albanese speronata...

Tragedia Kater i Rades

La motovedetta "Kater I Rades", da relitto di una tragedia a opera all’umanità migrante
La motovedetta albanese fu speronata il 28 marzo del 1997 da un'imbarcazione della Marina militare italiana. Morirono 81 persone, 24 non furono mai ritrovate. Ora lo scultore greco Costas Varotsos, l'ha trasformata in un monumento a coloro che ancora continuano a viaggiare
La notte del Venerdì santo del 1997 la Kater I rades,motovedetta albanese,entrò in collissione con una nave della Marina militare Italiana. Nel canale d'Otranto morirono 81 persone.
 Oggi quel relitto, destinato alla demolizione, è diventato un’opera d’arte, un omaggio ai vecchi e nuovi migranti
"Volevo farla rinavigare, volevo farla ripartire. E’come se si trovasse in mezzo a una tempesta e tutto il mare gli fosse scoppiato addosso. Ho cercato di farla riemergere in superficie, quello che si era inabissato doveva tornare a cavalcare le onde, con un nuovo messaggio di equilibrio tra presente e passato". Qui, sulla banchina del porto di Otranto, quella notte se la ricordano tutti. Se la ricorda anche chi non c’era. Costas Varotsos, lo scultore venuto dalla Grecia e che da due mesi plasma vetro e ruggine, ha appena posato gli attrezzi da lavoro. La Kater I Rades è pronta per l’inaugurazione. "Che fatica tagliare in due la chiglia. È stato lo scoglio più duro. È lì, nella pancia di questa imbarcazione, che sono stati ritrovati i 57 morti".
La ferita è ancora aperta su tutte e due le sponde del Canale d’Otranto. Da una parte quella del lutto, dall’altra quella della colpa, entrambe ancora da rimarginare. Quando quella sera del 28 marzo del ’97, in acque internazionali, la Kater I Rades, la motovedetta albanese, entrò in collisione o, meglio, venne speronata dalla Sibilla, una corvetta della Marina militare italiana, l’urto fu violentissimo. Le donne e i bambini erano corsi giù, in quello che doveva essere il riparo più sicuro, ma che divenne una trappola. 24 corpi non sono mai stati ritrovati. Ma i superstiti, 34, ne ricordano i volti, i nomi, hanno memoria lunga, raccontano quegli attimi, quella paura. Lo fanno su questo molo, dove sono arrivati per l’occasione. Lo hanno fatto nelle aule di tribunale, a Lecce, dove sono venuti ogni volta che si è tenuta un’udienza del lungo processo che si è chiuso tra la loro rabbia e la loro indignazione. Il 29 giugno 2011, alle due del mattino, la sentenza in secondo grado ha condannato a tre anni il pilota albanese della nave, Namik Xhaferi, e a due anni il comandante della Sibilla, Fabrizio Laudadio, per omicidio colposo, reato derubricato per lesioni colpose. In dibattimento, dalla pubblica accusa era stato anche chiesto che la Marina militare e lo Stato italiano fossero assolti perché "incolpevoli dello speronamento della nave albanese". Una strage, per chi l’ha vissuta, per cui nessuno sta pagando abbastanza.
Anche questa è la storia del "Battello di rada" partito da una Valona in piena guerra civile . Il relitto, abbandonato per anni nel porto di Brindisi, doveva essere demolito. Lo aveva disposto la Corte d’Appello di Lecce, nella scorsa primavera. È stato il Comune di Otranto, su spinta dell'associazione Integra Onlus, a bloccarne lo smantellamento. "Per noi sarebbe stata un’offesa a tutto quello che siamo stati. Recuperare quel relitto, trasformarlo in opera d’arte, non è semplicemente un modo per chiedere scusa agli albanesi. È anche un esercizio di memoria per noi. Dopo quella tragedia, lo Stato italiano ha capito che non potevamo più continuare con i respingimenti in mare, sono stati uno strazio. Una nave in mare aperto la si accoglie, in ogni caso. E il nostro porto è tuttora aperto a questo"
Luciano Cariddi
, che ha voluto l’opera, è anche il sindaco che a Otranto ha riaperto il "Don Tonino Bello", il centro di primissima accoglienza per gli immigrati. Era chiuso da cinque anni. Dal luglio del 2010 non ha più smesso di funzionare. Prima c’erano gli albanesi, ora ci sono gli afghani, gli egiziani, gli iracheni. "Gente in fuga, a cui abbiamo l’obbligo e la voglia di dare pace. È per loro – ribadisce Cariddi – che la Kater è diventata il monumento all’umanità migrante, ‘L’Approdo’.
È qui l’altra Lampedusa. Su questa banchina. La nuova porta dell’Europa ha la forma della prua recuperata e il colore del vetro che è stato lavorato. "Materiale trasparente, che ti obbliga a guardare al di là, non pellicola di separazione – precisa lo scultore greco – perché questo Adriatico torni ad essere fluido, via di comunicazione e non frontiera". La Kater I Rades è il simbolo dell’Europa di oggi che sta per implodere. "Anche la mia Grecia e anche la nostra Italia si trovano in mezzo alla tempesta, come lo è stata quest’imbarcazione quella notte del ’97. Forse quella tragedia voleva avvertici della deviazione degli obiettivi dell’Europa unita. Non abbiamo saputo virare per tempo. E ora da qui suoniamo l’allarme contro la xenofobia che è tornata a dilagare per le nostre strade". Così dice Varotsos, che al suo fianco ha voluto ci fosse anche un gruppo di ragazzi della Biennale dei giovani artisti dell’Europa e del Mediterraneo. Sono venuti da Egitto, Siria, Cipro, Albania, Montenegro, Francia e ci saranno anche loro nella "residenza internazionale per il contemporaneo e le migrazioni". Quest’opera collettiva è l’incipit di quest’altro racconto, di quest’altro capitolo che si aggiunge alla storia della Kater I Rades e degli sbarchi sulle coste salentine e italiane. Il lutto e la colpa non si cancellano, ma si rielaborano, come nei funerali, in Grecia, quando la gente si saluta e dice "Vita a voi". Ecco, Otranto oggi agli albanesi e ai nuovi migranti vuole dire proprio questo, "Vita a voi".

Tiziana Colluto, 29 gennaio 2012




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 http://www.misteriditalia.it/altri-misteri/katesirades/


sabato 22 dicembre 2012

Eden V,La nave dei Mistreri


EDEN V,   la nave dei misteri di Marina di Lesina-Gargano(FG)


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                                                                     EdenV ,Marina di Lesina Gargano (FG), Tonnelate 3,119x95 m,si'è insabbiata sulla duna del lago di Lesina,la notte del 16 dicembre 1988, fu varata in Giappone nel 1969,Attorno la nave , per un raggio di 3 Km sul litorale giacciono 123 barili arrugginiti e maleodoranti,ma potrebbero essere molti altri sepolti sott'acqua . 





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Eden V

Il 16 dicembre 1988 in località Contrada Morella sul litorale del Comune di Lesina (FG) si è arenata la M/n Eden V di bandiera sconosciuta per la quale, nonostante le indagini esperite, non si è riusciti a risalire né all’armatore né al proprietario dell’unità in quanto si è scoperto che il mercantile non risultava iscritto nei registri maltesi indicati sulle carte di bordo che sono risultate false; la nave navigava vuota di carico e che il relitto è risultato privo di qualsiasi dotazione di bordo; Ma cosa nascondeva quella nave in riva al lago di Lesina,tanto che nessuno l'ha mai reclamata L'imbarcazione,varata in Giapponene il 1969, si chiama EdenV, ma questo nome è solo la sua ultima mimetizzazione. IL loyd's di Londra rivelano che la nave si chiamava EtSuyoMaru, Pollux(1980), poi Mania(1983), quindi Haris(1984), Hara(1985), Happiness(1986), Fame, LeskasSky, Kirlaki(1987), Ocanido, SeaWolf (a inizio 1988). L'ultimopassaggio di proprietà è avvenuto nel 1988. A comprarla è statala"Noura-Court-Apt105" di Limassol(Cipro). Alle ore 16,25 del 16dicembre 1988, ilcolonnello Ubaldo Scarpati, responsabile della Guardia costiera sipontina, viene allertato dal centro di soccorso aereo di Martina Franca. Il comandante della EdenV,incagliata sui bassifondali del Gargano, rifiuta ogni forma di assistenza facendo sapere che non corre pericolo e che egli stesso provvederà al disincaglio», come è scritto nel rapporto inviato alla Procura di Lucera. Ilcomandante libanese Hamad Bedaran prima di dileguarsi viene interrogato dal sostituto procuratore Eugenio Villante. AI magistrato dichiara che «la nave salpata da Beirut, dove aveva scaricato legname, aveva puntato su Ploce in
Jugoslavia per caricarvi una partita di ferro», Second Scarpati «sulla carta nautica sono segnate altre rotte, unadelle quali è la 285, e cioè dal centro del Mediterraneo verso la costa garganica». L'International Maritime Bureau con telex del 21 dicembre 1988 comunica che «i documenti di classificazione dell'American Bureau sonaf alsi e che la citata unità non è maistatai scritta presso i loro reqistri». il relitto (3.119 tonnellate di stazza per 95 metri di lunghezza), non è indicato su alcuna mappa, ma si è insabbiato sulla duna del lago costiero di Lesina. Attorno allo scafo, per un raggio di tre chilometri sul litorale, giacciono 123 barili arrugginiti e maleodoranti. Ma potrebbero essercene molti altri sepolti sott'acqua lungo gli 80 chilometri di costa.In zona i vigili dell'Azienda sanitaria Foggia/1, hanno ritrovato due tonnellate di rifiuti radioattivi. «Nei cumuli di scorie abbiamo rilevato 1.700 becquerel per chilo-grammo di sostanza. Sedici oltre la soglia di rischio per l'essere umano, stabilita convenzionalmente in 100 beequerel», rileva il professor Domenico Palermo, direttore del dipartimento di chimica dell'istituto Zooprofilattico di Puglia e Basilicata.


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Fonte:http://carpinoparla.forumfree.it
          http:// amaraterra.blogspot.com
          http://iosonogarganico.it/forum-garden

Video :Eden V


 

venerdì 21 dicembre 2012

Relitti abbandonati del lago d'Aral


Relitti abbandonati del lago d'ARAL


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                    “Il lago d’Aral è vittima di uno dei più gravi  disastri  ambientali provocati dall’uomo. L’evento è stato tra l’altro definito dal politico statunitense Al Gore, nel suo libro Earth in the balance, come il più grave nella storia dell’umanità.”

L’URSS dichiarò di voler correggere “un errore della natura”: l’esigenza di acqua per irrigare i terreni, adibiti alla coltivazione del cotone era considerata prioritaria, tanto da giustificare una così radicale modifica ambientale. Ancor oggi l’Uzbekistan è uno dei maggiori produttori di cotone (c’è una specie di servizio di leva nel periodo della raccolta, tutto il paese viene mobilitato), ma buona parte del paese è diventato desertico e la zona intorno a ciò che rimane del lago ha una salinità così elevata da impedire alla vegetazione di crescere, tranne pochi arbusti e qualche serpente nulla vive più in quello che era il lago e le polveri tossiche si spargono ovunque grazie alle frequenti tempeste di sabbia.
Negli ultimi anni la situazione pare in stallo, Uzbekistan e Kazakistan stanno cercando di mantenere i due laghi formatisi dal prosciugamento dell’Aral, ma se da un lato si cerca di rivitalizzarli è anche vero che oramai l’economia dei due paesi non può prescindere dalle coltivazioni, senza contare le numerose centrali elettriche sui suoi due immissari: Syr Darya e Amu Darya (l’antico Oxus attraversato da Alessandro Magno). La situazione parrebbe di equilibrio per i due laghi neoformati, mentre per il resto degli acquitrini il destino è segnato. Di recente il segretario generale dell’ONU Ban Ki-moon, visitando la zona, ha descritto il fenomeno “Uno dei disastri più scioccanti del pianeta”.
Altri laghi nel mondo stanno iniziando a subire un destino analogo, in particolare il lago Ciad in Africa centrale, il Salton Sea nella California meridionale ed il lago di Urmia, il terzo più grande lago di acqua salata del pianeta in Azerbaigian occidentale a circa 600 chilometri a nord-ovest della capitale iraniana Teheran.
L’importante lezione dell’Aral non sembra esser stata appresa dai governanti di mezzo mondo, porre in secondo piano l’ambiente può portare ad un vantaggio economico solo nel breve termine, nel lungo periodo gli svantaggi superano di gran lunga i vantaggi.


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Se volete approfondire:
http://it.wikipedia.org/wiki/Lago_d%27Aral
http://ambiente.liquida.it/focus/lago-d-aral-enorme-distesa-di-sabbia/
http://www.ecologiae.com/lago-daral-distesa-sabbia/14858/
http://blog.panorama.it/foto/2011/05/25/iran-cera-una-volta-il-grande-lago-salato-di-urmia/

Video documentario del lago ARAL


 
 
 
 

giovedì 20 dicembre 2012

Relitti navali

 
Relitti Navali
 
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 C'è sempre qualcosa di affascinante e misterioso nei
relitti delle navi che giacciono nel fondo dei mari o
all'arenamento a seguito di guasto,incidente o azione di guerra in mare,spiaggiamento,collisione con scogli o bariere coralline,lo scontro con un'altra nave.
Da tempo inumerabile i disasrti navali hanno un grande fascino dell'immaginario collettivo.
Ecco dei naufragi della navigazione dei relitti che
giacciono sotto le infide dei mari,fiumi,laghi ed oceani.

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