sabato 22 ottobre 2016

IL "CUTTY SARK" l'ultimo Tea Clipper


Il Cutty Sark  e il Tea Clipper

L’uso del tè ha avuto, in Cina, grande diffusione fin dai tempi più antichi estendendosi dalle rive del Mar Giallo in tutto l’imp...ero con un infuso che intendeva correggere la fangosa e malsana acqua dei fiumi. Se ne sentiva a parlare in Europa già nel 1500 come panacea, ma è nel 1600 che arrivano quantità ragguardevoli da Macao per opera degli Olandesi. Con la fine della guerra dell’oppio del 1842 cominciavano le regolari esportazioni in Occidente, ed erano gli Americani a portare inizialmente il tè in Inghilterra facendosi attivissimi sulla piazza di Londra. La Casa inglese Black Ball Line si dimostrava presto interessata e due ditte specializzate cominciarono ad ordinare velieri veloci ai cantieri di Aberdeen, con pieno successo.
Veniva superata una vecchia legge fiscale (la “tonnage law”) causa di certe arretratezze costruttive e gli Americani perdevano presto la prevalenza. I loro velieri, infatti, costruiti con legname meno resistente dei velieri inglesi non potevano sopportare eccessive forzature veliche imposte dalle traversate veloci. Dal 1853 al 1870 i cantieri di Aberdeen, Geenock, Glasgow, Guernesey, Liverpool, Londra e Sunderland vararono circa cento clipper i cui nomi sono entrati nella storia della marineria inglese.
Il “Cutty Sark” è il celebre veliero veloce (dal curioso nome che significa “corta camicciola” tratto dai versi di un poeta scozzese) sinonimo del clipper, attualmente conservato a secco nel bacino di Greenwich, realizzato dalla Cutty Sark Preservation Society nel 1959 dopo un accurato ripristino, conosciuto generalmente anche grazie alla reclamizzazione di molti prodotti industriali moderni.
Costruito con la massima cura su progetto dell’architetto Hercules Linton e varato nella Clyde nel 1869 per conto del facoltoso armatore scozzese John Willis (conservatore ad oltranza in fatto di marineria velica, detto Withe Hat per il cappello bianco che usava portare), il quale lo tenne fino al 1895 quando lo vendeva ad armatori portoghesi, che lo impiegavano fino al 1922 col nome di “Ferreira”. Tornava sotto bandiera inglese per venire ripristinato come cimelio di un tipo straordinario di veliero, degno di ogni considerazione, impiegato in traffici specializzati, testimone autorevole di tutta un’epoca. con periodo di maggior splendore che è andato dal 1845 al 1875.
Un veliero non grande, stazzante meno di 1000 tonn., lungo poco più di 85 metri fuori tutto, ma con scafo stellato perfetto nel suo genere, seppur difficile da comandare e da condurre, fatto per gente scelta, come del resto ogni clipper che richiedeva giorno e notte, senza posa, continue manovre nell’orientamento delle vele per non perdere un solo nodo (velocità). Particolari doti erano richieste anche al capitano, che doveva curare con forza di carattere non solo la condotta e l’assetto della nave ma anche gli interessi commerciali ed economici dell’armatore resi sempre più difficili sicché di buoni capitani di clipper se ne trovavano assai pochi. Egli doveva, in poche parole, saper fare di tutto conoscendo ogni furberia di mestiere non solo in campo nautico.
Il vecchio Willis aveva voluto dal costruttore quanto di meglio poteva essere impiegato per imporre la sua bandiera d’armamento sul mare della Cina. Nella Londra vittoriana s’era venuto a determinare un fatto di costume con il consumo del tè.
L’annuale arrivo del primo carico del tè cinese di nuovo raccolto primaverile, considerato il migliore (una pianta dava tre raccolti), veniva pagato bene con un premio di 10 scellini ogni 50 piedi cubici e 100 sterline al capitano della nave vincente. Si era
arrivati, infatti, ad una vera e propria “regata del tè” con molti concorrenti, in primo luogo il “Cutty Sark” che, ironia della sorte, non riusciva ad imporsi sul diretto concorrente “Thermopylae” malgrado ogni impegno, senza scuotere però la fiducia di Willis. La gara era seguita, a terra e in mare, con interesse e si arrivava al caso dell’“Ariel” e del “Taeping” che nel 1865, partiti da Fuchou il 30 maggio, giungevano a Londra il 5 settembre successivo distanziati di 10 minuti. Ma la concorrenza del vapore stava diventando fatale, i noli scadevano fino alla metà e inutilmente si coltivò la diceria che il tè trasportato (più vantaggiosamente) dai piroscafi sapeva di fumo e di catrame.
Superando il periodo degli alti e bassi (ci fu anche un omicidio e il suicidio di un capitano) il “Cutty Sark” doveva ripiegare sul tè indiano per l’Australia e, peggio che peggio, su carichi impropri per la sua particolare forma di carena come il carbone, riscattandosi però finalmente sotto la guida di un capitano di eccezione, Richard Woodget, con i vantaggiosi carichi della lana australiana via Capo Horn e con traversate assai veloci sul mercato di Londra caratterizzato da aste che si tenevano solo in certi periodi, a costo di perdere magari le vele e perfino qualche albero, come effettivamente avvenuto. Nel 1922 veniva comperato da un capitano proveniente dalla vela che l’aveva riconosciuto, la vedova del quale lo donava poi, nel 1938, al Thames Nautical Training College finché, nel 1952, lo rilevava la sopraccennata Preservation Society. (da cherini.eu)
Nella foto, scattata in un porto inglese, il 1 Gennaio 1951, Cutty Sark  e l'ultimo Tea Clipper.
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Regio Sommergibile GEMMA



Articolo del giorno :
R SMG GEMMA (un tragico fatale errore)
Ammiraglio Attilio Duilio Ranieri
Il Smg. GEMMA era il secondo di una serie di dieci battelli, la s...erie “PERLA”, a sua volta appartenente alla più ampia classe “600” di sommergibili costieri. Questa serie, ben riuscita come tutta la classe “600”, era stata realizzata negli anni ‘35 e ’36 dai Cantieri CRDA di Monfalcone (GO) (6 unità) e dai Cantieri OTO di Muggiano (SP) (4 unità).
Il GEMMA apparteneva a quelli di Monfalcone ed era stato impostato il 7 settembre 1935, varato il 21 maggio 1936 e consegnato alla Marina l’8 luglio dello stesso anno.
Attività Operativa
All’entrata in servizio (8.7.36) il Smg. GEMMA è assegnato alla 35ª Squadriglia Sommergibili, di base a Messina. Da qui effettua una lunga crociera nel Dodecaneso, crociera che ripete anche nel 1937. Al comando del T.V. Carlo FERRACUTI, partecipa alla guerra di Spagna con una missione di nove giorni, dal 27 agosto al 5 settembre 1937, in agguato nel Canale di Sicilia.
Nel 1938 viene dislocato in Mar Rosso, a Massaua. Da questa base, insieme al Smg. PERLA, nella primavera del ’39 svolge lunghe crociere nell’Oceano Indiano, per sperimentare nel periodo dei monsoni la tenuta al mare e la capacità operativa dei battelli. Dai rapporti di missione, oltre alle difficoltà marinaresche incontrate (mare forza 9, impossibilità a far uso delle armi, difficoltà a tenere la quota periscopica), emerge anche la pericolosità degli impianti di condizionamento, il cui gas frigorigeno (cloruro di metile), si rivelerà tossico e creerà grossi problemi ai battelli che ne sono dotati.
Rientrato in Italia, alla fine del ’39 risulta assegnato alla XIV Squadriglia del 1°
GRUPSOM di base alla Spezia. Ma all’entrata dell’Italia nella 2ª G.M. (10.6.40) il GEMMA, sempre inquadrato nel 1° GRUPSOM (però nella 13ª Squadriglia), al comando del C.C. Guido CORDERO di MONTEZEMOLO, è dislocato a Lero, la nostra base navale in Egeo.
Le sue prime missioni, peraltro senza esito, sono:
Dal 10 al 15 giugno ’40 nelle acque dell’isola di Chio, in Egeo;
Dal 30 giugno all’8 luglio al largo di Sollum, sulle coste egiziane;
Dal 7 al 16 agosto, a nord dell’isola di Creta.
Il 30 settembre parte per la sua quarta missione, con il compito di pattugliare, dal 1° all'8 ottobre, insieme ai Smgg. AMETISTA e TRICHECO, il canale di Caso (a levante dell'isola di Creta).
La zona del canale è stata suddivisa in tre aree - nord, centro e sud - rispettivamente assegnate al GEMMA, all'AMETISTA e al TRICHECO. Dopo un paio di giorni di agguato infruttuoso, il giorno 3, al solo GEMMA viene ordinato di spostarsi più a levante, a pattugliare il canale fra le isole di Rodi e Scarpanto (precisamente, nel quadrilatero delimitato dalle congiungenti: isola Saria-capo Monolito (Rodi)-capo Prosso (estremo sud di Rodi)-capo Castello (estremo sud di Scarpanto), fino alla sera del giorno 8. Ed è appunto in quella zona che, nella notte fra il 7 e l'8 ottobre, avviene la tragedia.
Il TRICHECO (comandato dal C.C. Alberto AVOGADRO di CERRIONE) la sera del 7 - ossia, un giorno prima del compimento della missione – a causa di un ferito a bordo aveva lasciato la sua area a sud del canale di Caso e dirigeva per rientrare alla base di Lero, con rotta passante a ridosso della costa orientale di Scarpanto e attraversando, quindi, la seconda zona di agguato del GEMMA.
Per una fatale serie di disguidi nelle comunicazioni radio, né il GEMMA né il TRICHECO sono stati informati dei reciproci movimenti. Fra l'altro, un messaggio cifrato del giorno 6, con il quale il Comando di Lero, tramite SUPERMARINA, ordinava al GEMMA l'immediato rientro alla base, non è mai stato ritrasmesso dall'Ente Centrale.
Quando, alle 01.15 del giorno 8, il TRICHECO avvista la sagoma di un sommergibile, ignorando la presenza di battelli italiani in quella zona - presenza che, ovviamente, dava per scontato gli sarebbe stata segnalata - ritiene debba trattarsi di un sommergibile nemico.
In una tale situazione, con gli strumenti disponibili all'epoca, non c'è tempo per tentare approcci di riconoscimento: sopravvive il sommergibile che attacca per primo.
Così, alle 01.21, il TRICHECO lancia due siluri. La distanza è ravvicinata: impossibile sbagliare! Il GEMMA, colpito a centro nave, affonda immediatamente nel punto di lat. 35°30'N e long. 27°18'E, circa tre miglia per 078° al largo di Kero Panagia, poco distante dalla città di Scarpanto. Nessun superstite. Sarebbe potuto accadere l'opposto, se il GEMMA avesse avvistato per primo l'altro sommergibile. Sono incidenti avvenuti, purtroppo, in tutte le guerre e in molte Marine.
Peraltro, nella nostra Marina il pericolo di siffatti accidenti era piuttosto ridotto. Infatti, la dottrina d'impiego dei nostri sommergibili, almeno nel primo anno di belligeranza, si basava sul concetto della "guerra di posizione": ad ogni battello veniva assegnato un "quadratino" di mare, dal quale non doveva assolutamente sconfinare, restando in attesa del passaggio di navi nemiche. Questa tattica, ereditata dall'esperienza della 1ª G.M., si dimostrerà infruttifera.
I Tedeschi, invece, fin dall'inizio adottarono un metodo che potremmo definire "guerra di corsa": la zona assegnata a ciascun battello era relativamente ampia e ad esso veniva richiesto di andare "a caccia" di navi. Quando avveniva un avvistamento, tutti i battelli a distanza utile venivano concentrati sul bersaglio (spesso costituito da un convoglio), a formare il "branco di lupi". Operando in tal guisa, il rischio di incidenti era elevato, ma i Tedeschi lo mettevano in conto.
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giovedì 20 ottobre 2016

Regia Sommergibile "Ettore Fieramosca"

Articolo del giorno:
R SMG FIERAMOSCA
Questo sommergibile costituisce una sorta di esperimento, peraltro non ben riuscito e pertanto non più riprodotto. Esso si inserisce fra quei battelli che, dopo la 1ª G.M., tutte le Marine di un certo rango cercarono di realizzare per dare al mezzo subacqueo delle prestazioni (in termini di autonomia, velocità, armamento, ecc.) compatibili con quelle delle navi di superficie.
In altre parole, poiché il sommergibile, pur essendosi definitivamente affermato come strumento bellico, era uscito da quella guerra mostrando tutti i suoi limiti quale sottomarino, si pensava di potenziarne l’aspetto di superficie. Insomma, se per il momento si doveva rinunciare al “sottomarino” ideale, allora si cercava di fare il “sommergibile di squadra”, da impiegare insieme alle navi. Per fare un esempio, si pensi al SURCOUF francese.
Ma, come già detto, i risultati non furono positivi; l’idea fu presto abbandonata da tutte le Marine e l’evoluzione del mezzo subacqueo si attestò (per lo meno fino all’avvento del motore unico per superficie ed immersione: il nucleare) sulla concezione di sommergibile, ossia di una “nave” capace di immergersi, ancorché per periodi limitati, ma comunque diversa dalla nave di superficie vera e propria.

Per la verità, la Marina italiana fin dall’inizio dell’impresa si mostrò piuttosto scettica su una tale idea, tant’è vero che il progetto fu travagliato da tante modifiche e ripensamenti. Anche la possibilità di portare un piccolo idrovolante (peraltro, mai ben individuato) alla fine venne eliminata: il battello fu costruito con l’hangar a poppavia della torretta, ma questo fu smantellato prima della consegna alla Marina.
Il Smg. FIERAMOSCA, realizzato presso i Cantieri Tosi di Taranto, fu impostato il 17 luglio 1926, varato il 14 aprile 1929 e consegnato alla Marina il 5 dicembre 1931.
Attività Operativa
L’attività operativa svolta dal FIERAMOSCA, costellata da numerose avarie ed incidenti, talvolta col ferimento di persone, è piuttosto modesta. Dopo un lungo periodo di prove e collaudi a Taranto, nel 1932 il battello viene assegnato alla 1ª Squadriglia della 1ª Flottiglia di base alla Spezia. Fino al 1935 la sua attività è relativamente ridotta. Poi il battello torna a Taranto per un periodo di lavori presso il cantiere d’origine; al termine viene assegnato alla 2ª Squadriglia, ancora alla Spezia. Ma quando, nel ‘36/’37, partecipa con due missioni alla guerra di Spagna, esso risulta assegnato al 2° Gruppo Sommergibili di sede a Napoli.

La prima missione, al comando del Cap. Corv. Mario BARTALESI, si svolge in agguato nelle acque di Valencia, dal 21 dicembre ’36 al 5 gennaio ’37,
con partenza da Livorno e rientro alla Spezia. Incontra una dozzina di navi in transito, ma soltanto in un caso, il giorno 27, riesce ad effettuare un attacco, di notte in superficie, contro l’incrociatore MENDEZ NUÑEZ con il lancio di tre siluri che però non colpiscono.
La seconda missione, da svolgere sempre nelle acque di Valencia con partenza dalla Spezia il 28 gennaio ’37, viene interrotta dopo poche ore a causa di un’avaria che costringe il battello a rientrare. Riparata l’avaria, il FIERAMOSCA lascia nuovamente La Spezia il 2 febbraio per portarsi questa volta nelle acque di Barcellona. Nonostante i numerosi avvistamenti, non riesce a portare a termine alcun attacco a navi. Effettua, invece, due cannoneggiamenti notturni contro il porto di Barcellona: il primo, la sera dell’8 febbraio, con 10 granate da 120 mm prima che l’arma si inceppi; il secondo, la sera successiva, sparando in un quarto d’ora 35 granate, una delle quali danneggia non gravemente la petroliera spagnola ZORROSA. Rientra alla Spezia il 16 febbraio. Successivamente, compie una crociera a Tunisi e, nel ’39, una a Barcellona.

Nel 1939 il FIERAMOSCA risulta dislocato nuovamente alla Spezia, assegnato al 1° Gruppo Sommergibili ed inquadrato, insieme ai Smgg. CALVI, FINZI e TAZZOLI, nella 12ª Squadriglia. Squadriglia che, all’entrata dell’Italia nella 2ª G.M. (10 giugno ’40), per effetto della ridistribuzione dei battelli attuata dal Comando Squadra Sommergibili (MARICOSOM) fra i
diversi teatri operativi, risulterà essere la 11ª.
All’inizio delle ostilità, al comando del Cap. Corv. Giuseppe MELLINA, il FIERAMOSCA è in agguato lungo le coste francesi. Non trovando traffico, il giorno 14 giugno rientra a Genova. Il giorno 19 è di nuovo in agguato sotto l’isola di Hyères (Tolone); ma pochi giorni dopo, una violenta esplosione nella batteria di accumulatori provoca ingenti danni e il ferimento di alcune persone, costringendo il battello a rientrare alla Spezia, dove giunge il giorno 25.
Con questo evento, che evidenzia la scarsa affidabilità del battello, il FIERAMOSCA esce di fatto dalla guerra. Sottoposto a lavori di riparazione (nel corso dei quali il Com.te MELLINA lascia il comando al Cap. Corv. Beppino MANCA che, a sua volta, in ottobre lo passerà al Cap. Corv. Cristiano MASI), dal 15 ottobre 1940 viene assegnato alla Scuola Sommergibili di Pola, appena istituita, dove fino al marzo del ’41 svolgerà 28 uscite per addestramento degli allievi.
Il 10 aprile ‘41 viene posto in disarmo. La radiazione e la demolizione avverranno nel 1946.

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Enrico Manfredi Luserne d'Angrogne

martedì 18 ottobre 2016

Regio SMG " Angelo Emo "di C.D'Adamo



...
Il Regio sommergibile ‘Angelo EMO’ era uno degli undici battelli della classe Marconi. Il sommergibile fu impostato nei cantieri della C.R.D.A. di Monfalcone il 2 febbraio, 1937, varato il 29 giugno 1938 e consegnato alla Marina il 10 ottobre dello stesso anno. Dopo un breve periodo di addestramento e prove a mare, il battello fu assegnato al 22° squadrone del 2°Gruppo Sommergibili di base a Napoli così come il Barbarigo, Morosini, Marconi e Da Vinci. All’EMO, che andrà perduto nel 1942, saranno accreditati due affondamenti per un totale di 10.958 t. Completò venti missioni, incluse sei di guerra e una di trasporto per l’Africa Settentrionale e varie missioni di addestramento e trasferimento. Mentre era assegnato alla Scuola Sommergibilisti di Pola, il battello completò ben ventiquattro uscite d’addestramento.
Nel Luglio del 1940, poche settimane dopo la dichiarazione di guerra, il Comando Sommergibili organizzò una linea continua d’avvistamento a levante dello Stretto di Gibilterra. La zona in questione fu pattugliata da un totale di undici sommergibili divisi in tre gruppi. L’EMO, con il Marcello, Barbarico e Dandolo fu assegnato al primo gruppo. La missione cominciò il 1°di luglio e durò circa due settimane. L’EMO e il 
Marconi furono assegnati al settore più a ponente (B); l’EMO pattugliò la zona a meridione del meridiano di Alboran (tra il Marocco e la costa spagnola) mentre il Marconi fu assegna a quella settentrionale e più vicino alla costa iberica.
Il 6 luglio, alle 14.50, dal battello in immersione si avvistò una grande forza navale a circa 12.000 metri che includeva una portaerei, due navi da battaglia e varie cacciatorpediniere che procedevano verso ponente. Portatosi in posizione d’attacco, il comandante dovette desistere a causa del repentino cambiamento di direzione di quella che si presuma fosse una formazione britannica. Completata la missione, L’EMO rientrò a Napoli.
Alla fine della missione, il battello ricevette ordini di trasferimento a quella che sarebbe diventata BETASOM, la base sommergibili italiani di Bordeaux, in Francia. Lasciata Napoli il 27 agosto 1940, portò a termine una perlustrazione in Atlantico. Qui, il 9 settembre in posizione 41º 27N, 21º 50W, l‘EMO avvistò il piroscafo britannico Saint Agnes (5.199 t.), una nave distaccatasi dal convoglio SLS.46 che era partito da Freetown sotto scorta dell’incrociatore armato Dunnottar Caste. Tutti i sessantaquattro membri dell’equipaggio britannico furono salvati. Il Saint Agnes, costruito nel 1918 e in precedenza conosciuto come il War Briton (1919), Titan (1925) e Cape St. Agnes (1937) apparteneva alla Saint Line LTD e fu prima silurato e poi finito con il cannone. Completata la missione, l’EMO raggiunse Bordeaux il 3 ottobre 1940.
Dopo una breve sosta l’EMO fu nuovamente a mare con partenza il 31 ottobre. Pochi giorni dopo, il 2 e 3 novembre, in condizioni metereologiche pessime, la vedetta sottocapo Giuseppe De Giobbi fu trascinata a mare ed il comandante, T.V. Carlo Liannazza seriamente ferito. Nonostante le lunghe ricerche, il sottocapo non fu mai trovato. Impossibilitato a continuare la missione, l’EMO fece ritorno alla base raggiungendola il 6. Poco dopo, il T.V. Carlo Liannazza fu trasferito sul Cagni ed il T.V. Giuseppe Roselli Lorenzini (che eventualmente diventerà Capo di Stato Maggiore della Marina dal 1970 al 1973) assunse il comando.
Il 5 dicembre, l’EMO partì per un’altra missione raggiungendo le coste occidentali della Scozia il 14 dello stesso mese e rimando in zona fino al 26. Il quel settore, l’equipaggio avvistò e successivamente attaccò una petroliera di circa 3-4.000 t. mancando il bersaglio a causa delle pessime condizioni metereologi che. Il ventisei l’equipaggio avvistò un cacciatorpediniere che non potette essere attaccato. Completata la missione, l’EMO raggiunse Bordeaux il 1° gennaio 1941 dove rimase per un lungo periodo di lavori.
Il 3 marzo l’EMO fu nuovamente in missione, questa volta ad occidente dell’Irlanda. Il battello era parte del gruppo “Velella” che includeva il Velella, Argo, Mocenigo e Veniero. Le unità furono assegnate in una zona che si estendeva dal 59°30’N e il 53°N e tra il 13°W ed il 25°W. Ancora una volta, agli U-boot tedeschi fu assegnata una zona più vicina all’Irlanda e la Scozia mentre ai sommergibili italiani, più grandi di stazza, fu assegnata una zona di pattugliamento più lontana. Il 9 marzo, mentre in rotta per intercettare un convoglio in precedenza avvistato da aerei tedeschi, l’EMO fu attaccato da un apparecchio britannico che lanciò due bombe mentre il battello era a circa 20 metri di profondità. Con i timoni di profondità bloccati, il battello prima venne in superficie e poi sprofondò fino a 110 metri. Più tardi, l’EMO comincio a seguire il
convoglio anche se dovette interrompere a causa della presenza di caccia nemica. Il quattordici, nel primo pomeriggio, costanza fu premiata quando l’EMO attaccò il piroscafo britannico (in verità americano e gestito dal Ministero della Guerra Trasporti) Wester Chief (5.759 t.) affondandolo alle 13.07 (il resoconto italiano indica la tarda notte). La nave, che trasportava 7.000 t. di acciaio, era rimasta isola dal convoglio SC 24 che aveva lasciato Halifax (Canada) il 28 febbraio e che doveva arrivare a Liverpool il 19 marzo. Dei 43 uomini dell’equipaggio, 22 perirono.
Il diciotto, l'EMO avvistò la Clan Maciver di 4.500 t. che tentò di speronare il battello e poi colpirlo con il cannone, ma il sommergibile evitò il pericolo cercando rifugio negli abissi, malgrado le due unità fossero a poca distanza uno dall’altro. Il diciannove, completata la missione, l’EMO era nuovamente a Bordeaux per l’usuale periodo di lavori.
Il 5 maggio, il sommergibile lasciò la base per una nuova missione. Dopo il cambio generale di zona d’operazioni dall’atlantico settentrionale a quello centrale, l’EMO fu assegnato ad una zona di perlustrazione ad occidente di Gibilterra dal 22 dello stesso mese al 6 giugno. Allo stesso tempo, altri sommergibili italiani erano stazionati in zona, inclusi il Da Vinci, Baracca, Malaspina, Cappellini, Torelli, Bianchi, Bagnolini e il Barbarigo. Lqa mattina del 7, l’EMO attaccò due navi lanciando due siluri ad una distanza di circa 1500 metri credendo di aver centrato il bersagli, ma non ci sono conferme di questi affondamenti. Le due navi furono stimate a 1900 t la prima e 3000 t la seconda. Dopo l’attacco, il battello fu fatto oggetto di caccia da parte dell;’unità di scorta e che durò varie ore, ma eventualmente rientro alla base il 20 giugno.

L' avventurosa entrata in guerra dell’Italia a fianco dei tedeschi cominciò ad avere i suoi effetti catastrofici e, agli inizi del 1941, la situazione nel Mediterraneo era quasi disperata. Il Comando Supremo, a seguito dell'intervento personale di Benito Mussolini informò i tedeschi che la base in Bordeaux sarebbe chiusa e tutti battelli sarebbero ritornati in Italia. Discussioni ebbero luogo a livelli molto alti ed eventualmente Dönitz fu in grado di convincere gli italiani a mantenere la loro presenza facendo ritornare in Mediterraneo un numero di sommergibili più piccolo. Uno dei battelli selezionati per il ritorno in patria fu l’EMO.
L’EMO lasciò La Pallice il 20 agosto subito dopo il Brin. Completata una perlustrazione a largo di Gibilterra, raggiunse Napoli il 1 settembre avendo attraversato lo Sterro di Gibilterra prima in superficie e poi in immersione. Dalla base Partenopea il battello fu trasferito alla Scuola Sommergibilisti di Pola dove l’EMO completò 24 uscite di addestramento fino alla fine dell’anno. Tra l’8 e il 9 novembre, il battello fu richiamato in servizio con il Mameli per attività antisommergibile in supporto di un importante trasferimento di naviglio da Trieste a Venezia.
In seguito, il battello fu trasferito nuovamente a Taranto in cui arrivò il 16 dicembre
1941. Da Taranto, l’EMO cominciò una nuova vita operativa come sommergibile da trasporto per il trasporto di materiale di guerra agli eserciti che stavano lottano in Africa Settentrionale. Il 20 dicembre, l’EMO trasportò 20 t. di combustibile per l’aeronautica, 32 t. di derrate alimentari e 15 t. di munizioni a Bardia dove arrivò il 25. Rimandato a Suda per un nuovo carico, al ritorno Africa non potrebbe entrare nel piccolo porto a causa del fuoco di artiglieria nemico che, nel frattempo, avevano sopraffatto la fortezza italiana. Sia il capitano sia il timoniere Campisi rimasero feriti a causa dell'azione. Dopo che la missione fu abortita, l’EMO fu rinviato a Suda e da là a Taranto da cui fu riassegnato a Cagliari.
Dalla base sarda, completò parecchi pattugliamenti. Dal 17 aprile al 3 maggio al largo di Capo Caxine. Dal 13 maggio al 18 giugno al largo del litorale algerino e dal 23 giugno al 16 luglio a sud di Ibiza. Nessun delle missioni ebbero risultati positivi. Alla fine dell’ultima missione, Il comandante Roselli Lorenzini fu trasferito sul R. Smg. Cagni, mentre il T.V. Giuseppe Franco assunse il comando. Dall'11 agosto al 17, all’EMO fu assegnata una zona di perlustrazione a largo di Galite. Durante questa missione, il 12, il battello attaccò una nave da guerra con 4 siluri rilevando esplosioni (dopo 1min 47sec, 2min 20 sec e 2min e 30sec). Subito dopo, fu fatto oggetto di un’una intensa caccia. Non ci sono riscontri di questo successo in quella zona ed in quella data, ma è stato accertato di che l'unità attaccata era stato il cacciatorpediniere britannico H.M.S. Tartar.
Dal 18 al 29 ottobre, l’EMO fu nuovamente in missione a largo del litorale algerino. Con lo sbarco alleato in Africa settentrionale in piena esecuzione, l’EMO fu gettato nella mischia. Il 7 novembre l’EMO lasciò Cagliari per la sua ultima missione. L’undici, intorno alle 13:00, a largo di Algeri, fu attaccato e colpito dal H.M.S. Lord Nuffield (FY 221), una unità anti sommergibile, in posizione 36̊̊̊ 50 - N, 02̊ 50 E. Il comandante portò il battello in superficie e cominciò il combattimento al cannone. Con entrambi i motori diesel fuori servizio, fu dato l’ordine di affondare. Quattordici membri dell’equipaggio perirono nell'azione, tra loro il guardiamarina Mario Giacchelli, mentre gli altri furono salvati e fati prigionieri dal nemico.
L’EMO, costruito per la `guerre de course' negli oceani operò bene in quelle circostanze, ma era inadatto alle missioni da trasporto o ai pattugliamenti nelle poco profonde acque del Mediterraneo in cui gli obiettivi erano pochi e i pericoli molti
articolo del giorno:

R SMG EMO
di C. D'ADAMO
Enrico Manfredi Luserne d'Angrogne 
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